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Cara Varese

LOTTA DA “CAPITANO”

PIERFAUSTO VEDANI - 14/12/2012

Rastrellamento al San Martino nel 1943

John Brown, bibbia – alla pagina di “ Occhio per occhio” – e pistola Colt, spesso fumante, in mano, fu il mito dell’abolizionismo della schiavitù negli Stati Uniti.

La sua impiccagione può essere indicata tra le varie cause indirette della guerra civile americana. A John Brown, conosciuto anche come “Il Capitano”, Raimondo Luraghi, storico italiano della guerra civile molto apprezzato negli USA, dedica un lungo capitolo della sua imponente opera.

Brown, con le cose di casa nostra trattate in questa rubrica, non è fuori luogo, anzi ha in comune una storia di guerriglia, di tattiche e di montagne.

C’è da dire subito che Il Capitano coltivò sempre il sogno dell’insurrezione contro il potere schiavista, si fece inoltre anche una cultura in materia di rivolte leggendo molto dei moti europei del suo secolo, viaggiando e confrontandosi con idee e simpatizzanti del Vecchio Continente.

Di questa sua attenzione alle esperienze altrui parla diffusamente il Luraghi che approfondisce, citando il pensiero di Mazzini, anche il ruolo che in una insurrezione dovevano giocare le montagne a favore dei ribelli.

La montagna come arma di difesa e di attacco ha visto in primo piano le scelte di terreno di lotta dei nostri partigiani.

John Brown era guerrigliero temuto e inafferrabile, lo aveva dimostrato quando era entrato in azione nel Kansas. Accadde però che si confermasse sbagliato il luogo in cui con uno sparuto drappello, ma pensando di avere poi al suo fianco tanti schiavi negri e molti abolizionisti, egli diede il via alla sua agognata insurrezione.

Era un sito di laghi e di monti, come il Varesotto: nonostante lo avessero avvertito dell’errore che avrebbe commesso, Brown si organizzò in modo tale da non avere addirittura scampo all’arrivo di ingenti forze governative. Né più né meno di quello che decine di anni dopo avrebbe fatto il colonnello Croce qui da noi sul San Martino.

Ci sono stati contributi critici o puntualizzazioni in ordine alla ricostruzione dell’episodio del San Martino fatta da parte di Franco Giannantoni, ma è indubitabile che il nostro storico abbia sempre offerto valutazioni con fior di riscontri. E per il San Martino non sono mai stati messi in discussione la dedizione e l’eroismo dei combattenti.

Ho proposto il parallelo Brown – Croce in termini        “logistici” e non militari perché non è compito mio, ma va considerato che anche nel nostro gruppo dei resistenti sia stata analizzata e valutata a fondo la scelta del capo come avvenne con Brown, nonostante la grande autorevolezza e l’esperienza di lotta del “Capitano”.

Il San Martino è stato il primo grido di libertà di un’Italia che si ribellava qui al Nord ai nazifascisti. Discutere di quei giorni significa anche ravvivarne il ricordo e l’esempio.

Fa poi bene al cuore in un tempo in cui la partitocrazia fa scempio dei diritti dei cittadini, della loro aspirazione a essere governati da persone responsabili, che diano sempre la precedenza ai doveri verso la comunità.

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