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Sport

PALESTINIADI E PALESTIN-ISRAELÌADI

ETTORE PAGANI - 10/05/2013

Perché il sole non deve poter splendere per tutti allo stesso modo? Lui lo vorrebbe. Anzi lo pretende ma non è così. Se è vero che anche genti che hanno vissuto per anni e da anni in assoluta unione di vita quotidiana, di gioie, di sofferenze oggi si odiano, hanno lasciato spazio solo alla morte nel cuore strappandogli anche la più piccola traccia d’amore.

E il sole non può farci nulla. Piangerebbe se potesse ma gli è impossibile. Nessuno gli ha mai dato anche una sola lacrima, così come era stato fatto, per portare gioia e calore a tutti. E se adesso, a tratti, il riflesso dei suoi raggi si oscura non è certo per sua colpa. È l’ombra di un missile o di un aereo che gli smorza la luce.

Poter essere uguale per tutti e amico di tutti come in quel giorno in cui, sfruttando le leggi dell’amore che spesso lo sport porta con sé. Si è consentito ai bimbi palestinesi rifugiati in Libano di cimentarsi in una sorta di piccole ma meravigliose Olimpiadi, le Palestinìadi, appunto. Un’esplosione stavolta non nemica portatrice di lutti. Stavolta solo di gioia. Gioia di correre, di saltare di competere in libertà e poi finire in un abbraccio generale.

Un abbraccio caldo e fatto di speranza. Quella di poter far sì che le braccia dei piccoli palestinesi possano anche stringere non più i nemici ma quelli che erano gli amici di un tempo i compagni di giochi, di studi, di speranze, di libertà.

E allora si chiameranno Palestin-Israeliadi.

E il sole, gioioso, strizzerà l’occhio allo sport che, qualche volta, i miracoli sa pur fare.

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