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Sport

C’ERA UNA VOLTA IL TENNIS

ETTORE PAGANI - 21/06/2013

Adriano Panatta

C’era una volta, appunto. E nessuno avrebbe mai lasciato posto all’idea che, a poco a poco, sarebbe stato vittima di quella drastica flessione di popolarità di cui è stato fatto oggetto già da qualche anno a questa parte.
Popolarità in genere anche come spettacolo (con parziale eccezione solo per i grandi eventi) ma, soprattutto, come frequentazione attiva e generale.
Nessuno, certo, l’avrebbe ipotizzato negli anni ’90 e prima ancor più quando, cioè, il tennis era praticato anche solo come passatempo senza ambizioni agonistiche un po’ da tutti.
Solo relativamente d’élite vedeva sorgere terreni di gioco un po’ ovunque nelle città e nei paesi fossero popolari o più riservati i luoghi in cui si praticava.
Era un po’, insomma, quello sport cui si era soliti ricorrere finiti gli impegni giornalieri di scuola o di lavoro per un paio d’ore dopo aver trovato facile compagnia magari anche solo con un collega di studio, di lavoro, comunque, con un amico.
Quasi inspiegabile, quindi, la flessione neanche giustificabile con il progresso del golf cui, in buona parte, è attribuibile il calo del tennis.
Ovvia la conseguenza ed il riflesso negativo sulle affermazioni a livello agonistico dei nostri tennisti. Sono, così, finiti i tempi delle presenze vittoriose su ogni campo nazionale e non, di campioni del calibro dei Gardini, dei Sirola e poi Panatta e via dicendo, in campo maschile, mentre una certa resistenza sono riuscite ad opporre all’estinzione, in campo femminile, poche residue glorie come Schiavone, Errani, Vinci e poco altro almeno sufficiente per tenere vivo il ricordo di campionesse del valore di Pericoli e Villani.
Neanche si sposta più di tanto il discorso ove si prendeva in considerazione il permanere sulle scene del tennis ai massimi livelli quello, insomma, sorretto da favolose sponsorizzazioni e dai nomi più prestigiosi.
Non si sposta più di tanto perché se si presta attenzione ai nomi dei trionfatori è facile dedurre come i protagonisti finiscano con restare anche troppo tempo sulla scena (Nadal al maschile e Williams al femminile su tutti) senza apprezzabili avvicendamenti. È, questa, palese conseguenza del progressivo sminuire dell’amore per questo sport a livello amatoriale che non può non avere conseguenze negative sul favorire la nascita di nuovi campioni.
Vero è che, ai tempi, qualche incremento economico poteva costituire un discreto incentivo. Pochi sanno, per esempio, che i due campionissimi di cui si diceva, Gardini e Sirola, ebbero un appoggio, a quanto pare sconosciuto alla federazione italiana, da Giovanni Borghi che, anche nel tennis, arrivò con il suo mecenatismo sportivo. Ma non furono, certo, tali ridotti interventi ad alimentare la passione per questo sport che era un po’ quello che si trovava fuori dall’uscio.
Insomma era il tennis, lo sport di casa niente affatto impraticabile anche come costi rispetto ad altri che pure reggono benissimo.
Era lo sport di famiglia.
Forse proprio per questo messo in disparte per lasciare spazio a qualcosa di più ricercato, più sfarzoso e soprattutto più di moda. Il tutto discretamente inspiegabile.
E, comunque, solo beceramente negativo.

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