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Sport

DOPING PER TUTTI

ETTORE PAGANI - 31/01/2014

Dunque – a quel che pare, e stando all’accusa – anche l’eroe di Varese senza parentela alcuna con Garibaldi – Alessandro Ballan avrebbe spartito i suoi titoli di credito con la “Doping s.p.a.”.

Incoronato alle Bettole, tra l’entusiasmo dei tifosi ai bordi della pista, e da tutti quelli che a partire dallo scatto a poche centinaia di metri dal traguardo mondiale lo avevano accompagnato vedendolo orami vincitore. Un tripudio generale, esaltazione e quant’altro che ora sembra macchiarsi di tristezza.

Per carità, è tutto da vedere se anche all’epoca del “nostro” mondiale Ballan fosse già “contaminato” dalla chimica. Tutto da vedere ma neanche da escludere visto se non altro che la trionfale prova del corridore in casa nostra non aveva mai avuto precedenti eclatanti né – tanto meno – se ne erano verificati in seguito.

Sia ben chiaro ed altrettanto ben sottolineato che il condizionale qui usato pare d’obbligo. Certezze concrete su eventuali vizi nella sua prova mondiale non ne esistono. E la speranza di un’esclusione di tale odiosa macchia sull’iride non può che essere coltivata soprattutto dai varesini che della magnifica gara hanno fatto un vanto locale.

Comunque pure volendosi accantonare tale dubbio, quello che, invece, non si può discutere è il recente riscontro di positività negli esami del corridore sul quale sono caduti anche i non proprio leggeri strali della federazione che si sono tramutati in due anni di squalifica.

Dunque se per noi sarebbe stato particolarmente spiacevole coniugare il nome di Ballan alla nostra bellissima corsa finisse con il rientrare nella normalità (per modo di dire) un caso in più di doping, normalità in negativo ma pur sempre normalità.

E la teoria degli iscritti a questa dannata classifica finisce con il sembrare interminabile.

Neppure il tempo di esultare per magnifiche prestazioni e per esaltarne l’artefice che piombano sul collo terribili mazzate di smentite e più accreditata era stata la gloria del “campione” e più vistose ed importanti le sue vittorie tanto più crescono le possibilità che lo stesso rientri a far parte della graduatoria i cui primi posti sembra addirittura siano fortemente contesi.

Qualche nome? Troppo noti per essere riportati in un elenco dalle vergognose proporzioni. Con la sensazione addirittura stucchevole che non esista celebrità senza additivi chimici. Il peggio viene dal fatto che non esiste parvenza di interruzione al punto da farsi accettare la cosa con assuefazione determinata anche dal meschino ma fondato concetto che il problema – proprio per la sua normalità di estensione – finisce con il riguardare un po’ tutti gli attori del ciclismo. Chiaro – al riguardo – il contenuto della dichiarazione rilasciata da Danilo Di Luca (invitato, dalla Federazione, a passare dalla professione di corridore “in bicicletta” a quella di “venditore di biciclette”) nel corso di una recente intervista televisiva in cui l’“ex” ha apertamente dichiarato che nell’assunzione di prodotti dopanti devono considerarsi coinvolti “tutti” i corridori in attività.

Ma il ciclismo non doveva essere lo sport dei faticatori, dei tifosi puri, di quelli che per assistere gli sforzi dei corridori presunti sani si prendono pioggia, neve, gelo e bollite? Non doveva essere questo il ciclismo?

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