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Attualità

IL PROFUMO DELLA SCUOLA

LUISA OPRANDI - 28/02/2014

Renzi tra gli studenti di Treviso

La consigliera comunale del PD e insegnante del “Manzoni”, Luisa Oprandi, ha inviato questa lettera al nuovo premier Matteo Renzi

 

Ciao Matteo,

Le scuole hanno un profumo: grazie per averlo saputo riconoscere e raccontare.

Una delle tante stupefacenti coincidenze della vita ha collocato le parole dei due discorsi di fiducia al Senato e alla Camera proprio mentre la RAI trasmetteva in prima serata la straordinaria vicenda del maestro Manzi, che l’Italia degli anni Sessanta ha profondamente amato. Il filo si è riannodato anche grazie alla tua scelta (proprio come quando sei diventato sindaco di Firenze) di cominciare il percorso ministeriale proprio dalle aule vive e rese colorate dai tanti occhi ed incarnati diversi dei nostri bambini e ragazzi.

Ti avevo incontrato a Varese il 22 settembre di due anni fa e già allora ti avevo detto quanto mi avesse colpito positivamente il fatto che per la prima volta avessi sentito un uomo politico raccontare con calore e credibilità la ricchezza che si costruisce attraverso il meraviglioso rapporto tra un docente e i suoi ragazzi. Ed eccoti ora di nuovo a parlarne, con una continuità propositiva che rinsalda la certezza di quanto tu voglia davvero bene al nostro mondo, spesso (come dici) difficilmente riconosciuto come luogo fondamentale per ciascuno: eppure da studenti, genitori o docenti dentro una scuola tutti ci viviamo.

Sono una prof di lettere che da trent’anni divide il proprio quotidiano con gli studenti e per questo mi ritengo una donna molto fortunata. Ho imparato a camminare con lo sguardo attento a chi mi trotterella di fianco, a preoccuparmi se si ferma oppure a gioire se riesce a correre più velocemente di me.

Ho imparato la bellezza del sentirsi imperfetti e spesso inadeguati e capaci di sbagliare di fronte alle insidie della adolescenza ribelle. Ho imparato ad essere mille volte madre e sorella e amica. Nella mia storia di insegnante sono salde nella memoria del cuore tutte le difficoltà di quei miei alunni ormai quarantenni che, non avendo da ragazzi una famiglia, erano affidati a un istituto e capitava ti chiamassero “mamma” o cercassero una carezza come un dono prezioso. Ci sono le lacrime dure e incredule di chi invece, ancora giovanissimo, la famiglia l’ha persa per ragioni magari tragiche e si ribellava con te perché sicuro che, in ogni caso, avresti capito e compreso e scusato, amandolo poi ancora di più. E ci sono tutte le gioie che hanno accompagnato le vite di questi ragazzi: dalle conquiste per un sei che valeva più di tanti nove, alla maternità giovanissima vissuta col pancione dietro il banco di scuola, alla vita adulta della quale hanno reso partecipe, passo dopo passo, la prof di allora.

Sono anche una consigliera comunale nella mia città, anzi l’unica donna accanto a trentun uomini: ovviamene ho apprezzato la composizione paritetica a livello di genere dell’esecutivo di governo, così come il decreto di Graziano Delrio sulla presenza pressoché equivalente di donne e uomini nelle amministrazioni.

Non più tardi di un mese e mezzo fa, l’edifico che ospita il liceo nel quale insegno ha avuto serissimi problemi dovuti alle infiltrazioni di acqua piovana. Una caso certamente non isolato, né nuovo. Solo stavolta più consistente e massiccio. Accanto alla risposta tempestiva del comune per tamponare momentaneamente la situazione, c’è stata anche la straordinaria serietà degli studenti e dei docenti che hanno accettato di gestire una difficile quotidianità senza sottrarsi ai loro rispettivi doveri: che fossero collocati alla bell’e meglio nei corridoi, in vicepresidenza, in angusti locali di emergenza che li contenevano a malapena, professori e alunni hanno svolto regolarmente lezioni e verifiche. Perché la scuola sa essere sorgente di una fantasiosa volontà che al di fuori, a volte, manca. Il cuore, la passione, la voglia di guardare avanti e lontano rimediano alle tante inefficienze strutturali, di sostegno economico o di riconoscimento sociale.

Mi piace allora che il primo ministro scelga di entrare nelle nostre aule, di battere il cinque ai ragazzi che le animano, di ascoltare i loro racconti, di sedersi magari accanto a loro durante una lezione. Sicura che in diversi casi sicuramente alzerebbe gli occhi e vedrebbe le muffe sui muri o sui soffitti, le finestre che si aprono al primo soffio di vento, le macchie di umidità che disegnano figure sempre nuove ad ogni giornata o nottata di pioggia.

La logica del costruire assieme, del superare i mantra delle lamentazioni, del prendere consapevolezza di quanto utile a garantire sicurezza e qualità è fondamentale. Come lo è aiutare la scuola a recuperare quella dignità sociale che merita.

Molti sono stati i passaggi a mio avviso interessanti nel percorso legislativo relativo al settore dell’istruzione nel nostro paese: penso alle proposte di Berlinguer e De Mauro, a quelle di Fioroni, alle politiche inclusive per chi è in difficoltà o straniero, fino al decreto sulla scuola emanato dalla ministra Carrozza lo scorso anno, che richiamava, tra l’atro, al valore delle scuole come punto di riferimento dei nostri paesi e rioni, della gente anche adulta, dei bimbi e degli anziani.

Ora, Matteo, il tuo messaggio al Paese di questi giorni ha rafforzato tutta questa ricchezza che nei decenni si è andata costruendo, l’ha resa un rinnovato obiettivo per tutti, cittadini e politici. Ne ha altresì evidenziato l’urgenza e sottolineato la valenza culturale, sociale ed economica: il capitale umano della conoscenza, come hai detto, è patrimonio da difendere e ricercare in via prioritaria.

Per questo, sebbene voce femminile isolata del consiglio comunale di Varese, ti invito ad essere presente quando ti sarà possibile anche nella nostra città ed incontrare la straordinaria qualità di un lavoro didattico quotidiano e a tutti i livelli, dalle scuole dell’infanzia fino alle superiori.

Noi uomini del presente siamo come nani sulle spalle di giganti e sulle loro spalle possiamo vedere meglio e più in là: parafrasando il medioevale Bernardo da Chiaravalle, penso sia questo il senso della cultura che rende liberi, quindi della buona scuola. Ma è anche quello della politica che, se è buona, deve riuscire a regalarci lo stesso senso di libertà.

Paradossalmente, anche l’ etimologia delle parole avvicina il ruolo svolto da un politico al governo (minister: minus- ter) e di un maestro (magister: magis – ter). Quindi che la buona politica sostenga la buona scuola.

Arrivederci a Varese

Luisa Oprandi

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