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Chiesa

POVERO TRA I POVERI

MARGHERITA GIROMINI - 25/04/2014

Padre Nascimbene, ospite a Radio Missione Francescana

Ho trascorso una serata ad ascoltare Franco Nascimbene, un comboniano nativo di Malnate. L’avevo già incontrato in un’altra circostanza ma mi piaceva l’idea di ritrovarlo in un contesto meno formale della conferenza, in un piccolo gruppo di amici riuniti per salutarlo durante questa sua permanenza a Varese.

Dopo la cena, tra i presenti seduti in cerchio, è iniziato il suo racconto: una storia ricca di eventi ma narrata in modo semplice e lineare, senza parole pesanti e impegnative ma soprattutto senza retorica. Assente del tutto la pretesa di giudicare, o di insegnare qualcosa. Con la forza tranquilla della persona che sta seguendo un percorso scelto e riconfermato strada facendo.

Nel corso della serata, più di tutto mi ha colpita la risposta ad una domanda che era stata posta con l’intento di evidenziare le contraddizioni a cui va incontro chi vive nel contesto di una Chiesa che non ha fatto della povertà il valore da perseguire prioritariamente. Franco invece è persona che ha compiuto scelte radicali: farsi povero tra i poveri, in America latina, in una periferia, se possibile ancora più povera ed emarginata di quanto si possa credere: per coerenza personale, per il desiderio di essere uno di “loro”. Questa, ci ha ribadito indirettamente, è una scelta personale, maturata con suoi compagni di missione sudamericana. Una possibile via, uno strumento di vicinanza agli emarginati, poveri senza futuro ma ricchi di vitalità e capaci di riscossa umana e morale. Nella storia della fede le strade aperte o da aprire sono molte: tutte possibili, ognuna accettabile, ognuna giustificata dal proprio percorso di vita.

La sua scelta radicale non viene né esaltata né proposta come quella giusta, né richiede particolari sottolineature: è “solo” una possibilità. Che va raccontata per ciò che è: una testimonianza.

Nel rispondere ad un’altra persona intervenuta per esprimere vergogna per la propria nullità di uomo di fede limitato e incapace di scelte di vita degne di considerazione, Franco non raccoglie la provocazione che io vi leggo, cioè “Dunque dimmi tu cosa potrei o dovrei fare”. Non offre ricette per diventare “più” bravi, “più” credenti, “più” accettabili; risponde soltanto di sé, sottolinea come ciascuno possa dichiararsi presente, in modo unico e personale, individuando tra le tante vie quella più adatta a sé.

Franco ha scelto di rinunciare al sostentamento chela Chiesaoffre ai propri missionari (che di ricchezza poi non si tratta ma di minimo benessere). Ha lasciato anche a quel poco, che però, in confronto al niente dei suoi vicini, poveri davvero, è già “molto”, per potersi trovare allo stesso punto di partenza della popolazione locale. Per cominciare con gli altri, proprio da lì, un nuovo percorso di fratellanza.

Questo avviene in Colombia, dove Franco vive dal 2005, mantenendosi con gli stessi mezzi della popolazione locale: il lavoro manuale e la vendita dei prodotti nei mercati, abitando una casa costruita con l’aiuto della comunità, in una quotidianità fatta di gesti condivisi, con uno stile di vita che rende possibile essere simili all’altro e capirne le difficoltà per poter predicare il Vangelo.

Credibilità, fiducia, coerenza, amicizia, valori vissuti e mantenuti giorno per giorno, in mezzo agli altri.

Toccante e interessante anche l’esperienza di Franco Nascimbene a Castevolturno, terra di camorra e di mafia nigeriana; lì inviato dalla Chiesa con un incarico di parroco, dal 1997 al 2005. Tra le prostitute schiave nigeriane, senza futuro e senza dignità, per provare a restituire forza e valore anche ad una sola di loro, offrendo supporto e strumenti per recuperare una vita accettabile.

Una vita ben spesa, un uomo che lascia un segno nelle persone che incontra.

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