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Sport

AZZURRI E DOPING BENEFICO

ETTORE PAGANI - 13/06/2014

Azzurri in gita al Corcovado

Così di sfuggita, mi pare di aver sentito, nel corso di un brevissimo sketch televisivo, il C.T. della nazionale azzurra di calcio Prandelli raccomandare, non ricordo bene cosa (movimento atletico?) capace di garantire una “passeggiata”.

Ovvio che il commissariò tecnico, notoriamente sempre misurato ed intelligente, non volesse riferirsi alle possibilità della nostra nazionale di figurare con irrisoria facilità ai campionati del mondo.

Mi piace prendere quelle parole – arbitrariamente – a riferimento di una condotta mondiale degli azzurri e mi pare – con antipatica crudeltà – di poter dire che tutto potrà essere affiancato al cammino dei nostri meno che ridenti giardini di rose e fiori.

Non sembra, infatti, che i più che numerosi sforzi del CT per sondare tutto il mondo calcistico tricolore, rivoltato come un sacco di calzini, per trovare gli uomini giusti e deduzioni tranquillizzanti siano approdati a successo.

 Tante le prove e riprove cui il tecnico ha ritenuto di ricorrere per chiarirsi le idee sulla scelta dei candidati alla conclusiva convocazione; tanti e più di una volta pervenuti solo ad un men che mediocre risultato.

Questo quel che si evince come rendiconto del pur assiduo e attentissimo sforzo prandelliano. Che poi le speranze continuino a restare è, per un verso, doveroso, e per l’altro, logico. Non solo l’affetto ai colori lo consente ma anche il passato. Quello, per esempio, del titolo mondiale della nazionale di Bearzot che aveva fornito prestazioni tutt’altro che incoraggianti negli incontri per l’accesso alla semifinale ma che – quasi con un colpo di bacchetta magica– si trasformarono, letteralmente, spazzando via gli avversari di turno.

Fu impensabile per tutti ma ancor più per i non pochi tecnici (il “nostro” bravissimo Eugenio Fascetti tra questi) scarsamente convinti della guida di Bearzot.

Le voci che circolarono furono parecchie e, addirittura, propense a ritenere che la metamorfosi fosse stata conseguente non certo a qualche poco ipotizzabile, ma pur verificatasi magia ma, piuttosto ad un integratore che andava sotto il nome, allora poco conosciuto, di carnetina. Insomma si pensò che il tutto, più che ad un miracolo degli uomini, fosse stato da imputare a quello della chimica. Una “chimica” che – allora guardata con sospetto – oggi è in pieno commercio e alla base di una campagna per la preparazione atletica.

Che se poi, come in una sorta di doping psicologico, gli uomini di Bearzot avessero pensato di trarre energia da un prodotto, tutto sommato, solo vitaminico varrebbe la pena di riprovare fornendo ai giocatori qualche dose di carne in scatola o, se si preferisce, qualche gustoso panino imbottito al salame.

Autosuggestione per autosuggestione sarebbe il caso di provare.

 

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