Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

LA NOSTRA “SPES”

ROBERTO CECCHI - 01/03/2018

spes-contra-spemLa storia dell’arte non è il mio mestiere. Sono architetto e orgoglioso di esserlo. Ma il lavoro mi ha portato spesso ad occuparmi di altro, come d’archeologia, di biblioteche, di archivi. E dunque, anche di storia dell’arte. Impressiona, credo, che un non-tecnico del settore, nelle vesti di direttore generale del MIBAC, abbia avuto il potere di far spostare, ogni anno, 10-12.000 opere d’arte dai nostri musei, per realizzare quelle mostre che si fanno in giro per il mondo e che attraggono milioni di visitatori. Perché è questa la dimensione, poco conosciuta, del via vai di opere d’arte dai nostri musei. Ogni anno.

Ma allora, per me, quel mestiere era quasi una questione contabile. Si trattava di aderire o rigettare progetti di altri. Spesso accompagnati da polemiche, sulla legittimità o meno della presenza di una certa opera in una mostra piuttosto che in un’altra. Tutto sommato, un esercizio che non è mai stato capace di suscitarmi particolari entusiasmi.

Oggi, qui a Varese, la cosa è diversa. L’idea di fare una mostra su Renato Guttuso, esponendo le opere conservate dalla Fondazione Pellin, è un progetto coinvolgente, certamente per la straordinaria qualità delle opere che si potranno vedere, ma anche perché penso che questo evento possa essere parte di un più ampio progetto per la città. Un tassello per riprendere un discorso su crescita, sviluppo e valorizzazione, semplicemente mettendo in luce quello che la città possiede.

Abbiamo cominciato l’anno scorso, con Nature Urbane, a mostrare la straordinarietà del patrimonio culturale della città. Giardini, parchi, ville, sono stati aperti al pubblico per la prima volta. E si è potuto toccare con mano la dimensione e la qualità di un patrimonio ineguagliabile, di un’importanza non dissimile da quello prodotto dalla cultura industriale. Un patrimonio a cui, finora, aveva fatto velo (qui, come in qualsiasi altra parte d’Italia) la convinzione strisciante che la cultura e i suoi esiti siano una perdita di tempo, un intralcio allo sviluppo. Basato sulla scorta di assunti duri a morire, come quello espresso nella Ricchezza delle nazioni di Adam Smith, dove si sostiene che la cultura non sarebbe altro che il luogo “del lavoro non produttivo”.

Non è così. In questi anni ci sono stati esempi che hanno dimostrato esattamente il contrario e la conferma di questo è venuta, del tutto inaspettata, proprio dalla controparte – diciamo così – rappresentata dal Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, che parlando in questi giorni a Varese d’ “Industria 4.0”, ha ricordato che la cultura, oggi, è ciò che fa la differenza anche per il mondo dell’economia. Evviva!

La mostra a Varese di Guttuso, prevista per l’inizio del 2019, è l’opportunità di ricostruire un momento importante per la città, animato da personaggi anche di tendenze e sensibilità molto diverse, comunque di grande spessore, come Piero Chiara, Guido Morselli, Dante Isella, Ennio Morlotti, Eugenio Montale, Giovanni Testori, Vittorio Sereni, Giovanni Pirelli, Luigi Ambrosoli e lo stesso Francesco Pellin che con Guttuso stabilì un rapporto privilegiato e fruttuoso. Magari, lo spunto sarà l’opera testamento Spes contra spem dell’artista siciliano. Quello che sarà veramente, però, lo vedremo tra qualche mese. Confidando sulla collaborazione di Fabio Carapezza Guttuso, insieme all’associazione culturale “Archivi Guttuso”. Quel che è certo è il fondo di ventuno opere date dalla Fondazione al Comune in comodato d’uso decennale. Sarà il nucleo fondante di tutto.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login