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Politica

OLTRE GLI SLOGAN

EDOARDO ZIN - 07/12/2018

A scuola con don Milani

A scuola con don Milani

“Siamo a un punto di non ritorno?” mi chiede un amico, indirizzando il suo pensiero alle nostre vicende politiche.

“Non credo – gli rispondo – Le prossime elezioni per il Parlamento Europeo saranno decisive non solo per l’Europa, ma per la nostra democrazia. Già conosco persone che si rammaricano per aver dato il loro consenso a partiti che, a sei mesi dalle elezioni, non hanno mantenuto fede alle promesse fatte durante la campagna elettorale. Il debito continua ad aumentare, lo spread si mantiene ad alti livelli, i giovani dovranno pagare i debiti condonati agli evasori, anziché tagliare sprechi, tagliano su scuola e sanità. Ridere di tutto questo non è una farsa, è già una tragedia. Questo castello incantato fatto di parole, di rimando al domani crollerà alle “europee”…Pensano i nostri governanti, col loro andirivieni da Bruxelles, di convincere le istituzioni europee ad accettare la violazione dei parametri, ma non hanno un governo così persuasivo da farsi rispettare dagli altri paesi membri…Prima delle elezioni tireranno fuori la solita cantilena: “Vedete noi siamo con voi, col popolo, vi volevamo liberare dalla povertà, ma Bruxelles, i poteri forti, i burocrati, i giornalisti venduti ce lo hanno impedito.”

Una narrativa perfetta per fomentare il disprezzo contro chi non la pensa come loro. Ma la gente si sta accorgendo che la politica italiana è tutto un marketing: il fiocco vale più del contenuto. Presto o tardi Zelig – la sindrome psichiatrica che colpisce chi, non avendo una forte personalità autocentrata, si adatta a quelle con cui viene in contatto – li costringerà a mimetizzarsi o per scomparire o per farsi accettare. Da qui a maggio, molti elettori avranno il coraggio di cambiare idea: solo i cretini si ostinano sempre nella stessa opinione, anche quando è confutata. E cambieranno idea chi per convenienza, chi per convinzione: i primi sono voltagabbana, i secondi saggi. E il popolo italiano dimostrerà di essere saggio!”

“Ma come voteranno i cattolici?  mi chiede l’amico.

“Tu sai che san Paolo VI disse che “una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi.” Ultimamente, i cristiani sono in  diaspora e la loro presenza è divenuta irrilevante. Molti cristiani hanno contribuito a smascherare la malpolitica, ma altri ne sono rimasti complici. Del resto i discorsi della loro appartenenza a questo o a quel movimento erano spesso mirati alla conservazione o conquista del potere. Tra i cattolici conservatori (o liberali) e cattolici democratici (o sociali, popolari) della cosiddetta prima repubblica c’erano differenze in campo sociale e culturale, ma identico era l’impegno politico accompagnato da riflessioni, studi ed elaborazioni di programmi. È  quello che manca oggi. I cattolici sono molto presenti nel campo sociale, ma sono scomparsi nel campo politico. Non si deve avere nostalgia per quella stagione, anche se si deve attingere da quella memoria e fare tesoro dell’antico, come pure non si deve restare con le mani in tasca di fronte al nuovo per preparare futuro. Secondo me, è venuto il momento in cui i cattolici devono uscire dall’oblio e mettersi all’opera per creare legami, tessere relazioni buone, “creare il buon vicinato” – come dice il nostro arcivescovo Delpini. Vedo in giro tanti tentativi di aggregare i cristiani attorno a due temi: narrare il bene e difendere la dignità e i diritti di tutti.”

“Ma concretamente che cosa possono fare i cristiani? “ mi domanda l’amico.

“Anzitutto collaborare anche con i non credenti, ma di buona volontà, cercando di unire tutto ciò che è buono pur di salvare l’uomo e la donna con un profondo senso di giustizia sociale verso i più deboli e i più poveri. Solo l’amore autentico per i poveri può portare i cristiani a portare il loro contributo in politica e praticare con essa la carità, come si espresse Pio XI in un famoso discorso alla FUCI.

Combattere, poi, il clericalimo, cioè essere laici che agiscono in politica a loro rischio e pericolo, senza voler coinvolgere la Chiesa in dispute di parti, come pure combattere una tendenza a concepire e assorbire la politica in qualsiasi forma religiosa o invadere con il potere politico la sfera delle libertà personali, imponendo per decreto tradizioni culturali religiose che vengono scambiate per atti di fede.

I cristiani dovranno, inoltre, essere cercatori della Verità. In un mondo in cui il ragionamento è sostituito alla battuta e l’argomentazione stroncata dagli slogans populistici, essi devono andare alla ricerca, informarsi per controllare la veridicità di quanto viene diffuso, riunirsi per studiare, confrontarsi, distinguere, in maniera tale che dal litigio feroce si passi alla convinzione.

E poi partecipare alla vita del comune, del quartiere, del sindacato, degli organi collegiali, dell’associazionismo, non per imporre, ma per proporre contenuti e non solo strategie, privilegiando la qualità sulla quantità. Ad una seria preparazione dovrà seguire una graduale e significativa introduzione alle responsabilità da assumere, attraverso qualificanti periodi di tirocinio.

Infine, essere responsabili così come don Milani invitava in “Esperienze pastorali”: “Non vedremo sbocciare dei santi, finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale. Qualcosa, cioè, che sia al centro del momento storico che attraversiamo, al di fuori dell’angustia dell’io, al di sopra delle stupidaggini che vanno di moda.” Parole scritte sessantadue anni fa, ma che sono attuali più che mai!

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