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Opinioni

SCACCHIERE CINESE

LIVIO GHIRINGHELLI - 05/04/2019

tianxiaIn Cina dal 1978 si è verificato il passaggio nella pianificazione della politica economica dal sistema centralizzato a livello pubblico verso uno più aperto all’economia di mercato: al fondo c’è il sistema filosofico-politico confuciano. Da Paese sostanzialmente povero e sottosviluppato la Cina è giunta così a fare diretta concorrenza agli Stati Uniti.

Domina sempre la dottrina del Tianxia, di cui si rinviene traccia a partire dal mille a.C.: l’esistente si caratterizza per i due poli, il cielo (Tian) e tutto ciò che vi soggiace (Di) in un rapporto di reciproca dipendenza. Il cielo figura come principio ordinatore dell’esistente, sede della volontà universale del cosmo, fonte originaria del potere e della legittimità dinastica dell’imperatore, che regna per mandato celeste in quanto Figlio del cielo. Ogni evento negativo comporta una delegittimazione del Tian, complementare al Di. Il mandato celeste comunque non risulta assoluto, ma si riconduce ad equilibrio, equità e giustizia.

Oggi è significativa la visione del filosofo Zhan Tinyang: il mondo tende naturalmente verso uno schema comune di governance; la chiave di volta è nell’integrazione e non nella sottomissione di tipo occidentale. Integrazione globale e cooperazione economica qui contemplano condivisione del libero mercato e liberalismo politico. Pechino invece adotta un approccio molto più pragmatico. Ai Paesi cui va estendendo la sua sfera di cooperazione economico-finanziaria chiede di negoziare su un piano di reciproco rispetto, senza esigerne riforme radicali dei propri sistemi economico-politici.

La struttura della società cinese è fortemente meritocratica. L’autorità viene percepita come legittima al di là delle forme con cui essa viene costituita. La fedeltà al Governo trova riscontro nella garanzia della stabilità e prosperità di un popolo che ha affrontato grandi sacrifici ai tempi del Grande Balzo e della Rivoluzione culturale. Quel che importa è un vivere secondo standard dignitosi in una prospettiva di progresso. Di qui la crescita economica a doppia cifra con la pervasività dello Stato nelle regioni economicamente sottosviluppate o con forti minoranze etniche. Grande e ambiziosa è la fase di investimenti infrastrutturali. Nella prospettiva cinese non ci si fossilizza su questioni di principio e si confida nell’ottimismo tecnologico del marxismo e nella fede cieca nella capacità della tecnologia di risolvere le sfide del futuro. La definizione dei diritti umani passa innanzitutto per quelli sociali, che vengono prima di quelli civili.

Il presidente cinese Xi Jinping nel 2013 ha fatto noto il progetto della Nuova via della seta, concepita su due fronti: il primo si sviluppa da Zengzhou nella Cina orientale all’Europa occidentale; il secondo dal porto principale di Yiwu sino al Mediterraneo, onde un ruolo proattivo in politica estera nella concezione di una Cina futura locomotiva dell’economia globale.

L’operazione Africa orientale in particolare vede dal 2012 un flusso migratorio cinese imponente anche a compensazione demografica del proprio surplus contadino. Mentre l’Africa è un continente giovane, in Cina solo il 20% della popolazione ha meno di 19 anni (con salari bassi ed enormi disponibilità di lavoratori a basso costo, onde effetti deleteri di sovrappopolamento, inquinamento, disuguaglianze, limitazioni delle libertà ecc.). Con le proprie aziende di Stato i cinesi vanno letteralmente costruendo reti infrastrutturali sociali, di trasporto e di telecomunicazione in Kenya, Etiopia, Tanzania e Mozambico, con la contropartita della concessione in sfruttamento di miniere di terre rare, minerali preziosi e idrocarburi, beni fondamentali per l’industria tecnologica cinese. Costante è l’arrivo di ingegneri, tecnici, operai, agronomi. Oltre lo spostamento di manodopera a bassa scolarizzazione si pongono le basi di alleanze militari, vendite d’armi. Le comunità cinesi degli emigrati fanno registrare isolamento e una natura chiusa.

I primi emigrati cinesi si ebbero a fine Seicento con la Compagnia olandese delle Indie Orientali; con Mao Tse Tung venne promossa la solidarietà anticoloniale e postcoloniale. Con i Paesi africani di recente indipendenza dal 1985 non si affermano più valori di fratellanza e di solidarietà, bensì la ricerca del profitto.

La maggior quantità di risorse cinesi è destinata alla Nigeria, serbatoio petrolifero. Il debito keniota è aumentato di dieci volte in cinque anni. La trappola del debito riguarda anche l’Angola. Nel caso del Sudan è intervenuta la minaccia di veto del Consiglio del’Onu in considerazione della guerra civile che vi si incancrenisce da 40 anni. E certo sconcerta il realismo spregiudicato di un atteggiamento che ha visto Zimbabwe e Pechino sempre schierate con l’ex dittatore Mugabe.

Tutto questo a completamento dell’opera di omogeneizzazione politica regionale svolta da Pechino nell’Asia sudorientale da una diecina d’anni. Né va trascurata la nuova dinamica di cooperazione Sud-Sud in ambito mondiale, che vede la Cina protagonista. È di piena attualità la disputa in ambito commerciale con gli Usa. Il cambiamento degli equilibri globali segnala un progressivo travaso di ricchezza da Ovest verso Est rispetto al passato. Pechino è sempre più considerata una riferimento politico diplomatico dai Paesi emergenti e di nuova industrializzazione.

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