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Attualità

CHRISTUS VIVIT

LIVIO GHIRINGHELLI - 25/10/2019

christusLo scorso 25 marzo papa Francesco ha firmato a Loreto l’Esortazione apostolica Christus vivit, resa pubblica il 2 aprile. È un’ulteriore tappa di quel processo con cui la Chiesa si è interrogata sul tema: I giovani, la fede, il discernimento vocazionale”, percorso avviato nel 2016 e culminato nel 2018 colla XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi dal 3 al 28 ottobre.

Il testo dell’Esortazione si presenta non lineare, bensì poliedrico e si affida a una pluralità di esperienze, per cui coi giovani e grazie a loro possiamo riconoscere meglio i segni del nostro tempo. L’Assemblea sinodale ha fatto vivere una nuova Pentecoste, una nuova comunione al di là delle differenze di cultura, lingua e vocazioni.

La Christus vivit si articola al suo interno in vari intrecci e percorsi in una serie stretta di rimandi e connessioni col magistero di Papa Francesco. Tutto nel segno della cultura del dialogo, che coinvolge coi giovani l’intero popolo di Dio. I giovani vi sono fatti protagonisti e non oggetto di discorso dall’alto. Anche i giovani non credenti hanno voluto partecipare al Sinodo, ponendo questioni significative. Dialogo è una parola chiave, che qualifica questo Pontificato, come anche risulta posta al centro del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato assieme ad Ahamad al- Tayyb, grande Imam di Al-Azhar durante il viaggio ad Abu Dhabi.

Si tratta di un dialogo non teso alla conquista, bensì di incontro nella fraternità. Ed è una cultura che si declina nell’ambito delle relazioni tra le generazioni e più specificamente tra giovani e adulti-anziani, oltre l’estraneità e la competizione. Se i giovani si radicano nei sogni degli anziani riescono a vedere il futuro, aprendosi all’orizzonte e a nuovi cammini.

I giovani possono evangelizzare la comunità cristiana, aiutandola ad evitare la corruzione, lo spirito di setta per una testimonianza autentica in povertà e umiltà. Si propone un nuovo modo d’essere e di lavorare insieme, uno stile e un metodo sinodale, un camminare con. Così si valorizzano i carismi, che lo Spirito dona secondo le vocazioni e il ruolo di ciascuno in un dinamismo di corresponsabilità verso una Chiesa partecipativa. Così opera il metodo del discernimento comunitario, scandito coi tre verbi riconoscere, interpretare, scegliere, o con i termini pronunciati a Loreto ascolto, discernimento, decisione.

Il riconoscimento chiama in causa l’interiorità e la fede del soggetto, personale o comunitario; i dati non parlano da soli, la parola di Dio e gli insegnamenti della Chiesa non sono postulati, da cui dedurre applicazioni concrete o indicazioni da seguire pedissequamente, ma principi di ispirazione e criteri di orientamento. Bisogna riconoscere la volontà di Dio non in astratto, ma nella concretezza della

storia. Interpretare vuol dire andare in profondità, richiede attenzione e finezza.

Alla base di questa dinamica c’è l’incontro con Gesù, vivo nella propria vita. È una familiarità che pian piano modella sguardo e prospettiva a ciascun credente e a ciascuna comunità, la scelta del registro con cui esprimere questa relazione profonda. E sono da tenere presenti la crescente pervasività dell’ambiente digitale con tutti i rischi di manipolazione e di sfruttamento, nonché la condizione dei migranti (Lettera agli Ebrei: stranieri e pellegrini). È purtroppo sfruttata soprattutto come motore di consenso politico.

In rilievo l’emergenza degli abusi (di potere, economici, di coscienza, sessuali). La radice è culturale e spirituale. C’è in merito una necessità di trasparenza, prevenzione, lotta rispetto a uno stile clericale di esercizio dell’autorità. La crisi offre l’opportunità di una riforma autentica della Chiesa. Si aggiunga il tema del lavoro e della minaccia di disoccupazione. Si avverta la pregnanza vocazionale del lavoro; l’attenzione non discende da una preoccupazione meramente sociale, quanto e soprattutto dall’adozione coerente della prospettiva integrale dell’antropologia cristiana.

Il discernimento è da intendere come ricerca del proprio modo di essere per gli altri. È d’attualità una pastorale giovanile popolare, che trascenda i luoghi tradizionali (oratori, scuole, associazioni, movimenti ecc.) per creare la capacità di inclusione e aperura di spazi di protagonismo per i giovani e anche per le donne.

Se ne riconoscano le legittime rivendicazioni, che chiedono maggiore giustizia ed uguaglianza (a superamento dell’autoritarismo maschile, della sottomisssione, delle varie forme di schiavitù, di abusi e di violenza). Oltre il femminismo c’è un problema di maggiore reciprocità.

L’Esortazione Christus vivit non contiene le indicazioni operative attese. “Spetta a voi – dice Francesco – decidere, popolo e pastori insieme”. La responsabilità personale investe ogni giovane e ogni credente. Le comunità e le Chiese locali sono invitate a dar vita a processi sinodali, che includano i giovani. L’incontro con Dio produce estasi, perché ci spinge ad uscire da noi stessi e a liberarci da due tentazioni: quella dell’immobilismo e del ripiegamento e dall’altra parte lo scambiare l’essere giovane con il mimetismo e la sudditanza alla morale del momento.

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