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Opinioni

IL RUOLO DEL PAPA

LIVIO GHIRINGHELLI - 22/11/2019

Papa Francesco a pranzo con i poveri in Vaticano

Papa Francesco a pranzo con i poveri in Vaticano

Nei tempi di particolare crisi, in cui versa il mondo contemporaneo, non solo agli occhi e alla sensibilità del credente, si pone l’interrogativo sul ruolo del vescovo di Roma.

Monarca assoluto o soprattutto garante e custode dell’unità in una Chiesa sinodale? Tenendo conto poi del fatto che autorità e funzione si sono strutturate a poco a poco nei secoli e che Roma si è ritagliata un suo spazio tra le diocesi più importanti dell’antichità.

Teologia e ordinamento dell’organizzazione della Chiesa tra l’altro sono cose ben diverse. Per via di semplificazione vale la pena di precisare due orientamenti, che si presentano in contrasto, nel valutare il ruolo carismatico esercitato da papa Francesco: l’indirizzo conferito da subito alla sua pastorale, il privilegiare un Vangelo vivo rispetto all’osservanza ripetitiva e arida delle formule e il viverlo alla luce dell’attualità della gravità dei problemi dell’oggi da una parte e dall’altra i conservatori, che privilegiano in assoluto e non di rado in modo miope la tradizione, avversari di un’apertura e sensibilità, quali contraddistinsero già i “novatori”, tra fine Ottocento e prima metà del Novecento, attirando su di loro l’ira e le sanzioni del magistero ufficiale.

I conservatori già sdegnavano in Paolo VI, il Papa del Concilio, la decisione di sfoltire radicalmente il cerimoniale di corte vaticano, l’indifferenza alla pompa delle cerimonie, il gesto di vendere la sua tiara, convertendone il ricavato nell’assistenza ai poveri, assumendo invece la mitra vescovile, la preminenza nel suo spirito di quella caritas sulle proprietà della Chiesa, che ai tempi aveva contrassegnato l’azione di Ambrogio nel presiedere la Chiesa ambrosiana. Paolo si rivedeva come primo tra i vescovi. I conservatori gli obiettano che con la riforma della messa ha distrutto la liturgia cattolica consolidata, oscurandovi il mistero eucaristico. Gli si rimprovera persino la tormentata e sensibile partecipazione nell’affrontare problemi e tragedie del nostro tempo.

Al Papa oggi si obietta di scatenare impulsi politico-religiosi, di non essere semplice altoparlante dell’Infinito che è prima i lui, di reinterpretare con raffinatezza ideologica il gigantesco blocco della Tradizione.

Ci si meraviglia altamente che in Amoris Laetitia una questione di rilievo come la comunione per i divorziati risposati sia stata aperta solo in una nota a piè di pagina. C’è chi ancora rimpiange un papato onnipotente sulla scorta di fantasie assolutistiche come quelle di J. De Maistre.

Si vuole un Papa infallibile solo se sottomesso passivamente alla Tradizione? Rimproverandogli che non si può adattare il Cristianesimo a se stessi? Si vuole proporre ai credenti solo l’imminenza del Rex tremenda e majestatis del Dies irae? Oggi non funziona più una semplice struttura di obbedienza cieca.

Vale allora sottolineare in Francesco (Evangelii Gaudium) la concezione e l’auspicio di una Chiesa non più musona, imbronciata, severa senza misericordia.

Ecco invece in primo piano le antiche e nuove urgenze: ai primi posti nell’attenzione la persona disabile, il malato, i semplici, non gli intellettuali, arroccati nell’autosufficienza, i non rispettati, soprattutto i poveri (l’eterno Vangelo), l’apertura al rispetto dell’altro, l’educazione al dialogo, la condivisione di una religiosità che in Dio vede tutti affratellati, ognuno nella propria specificità di visione e sentimento e senso di identità.

Il tempo della Chiesa è quello intermedio del già, ma non ancora, nell’attesa che il Regno si compia nella pace, col riscatto d’ogni violenza e dissidio, clamore di guerre, offese senza scampo alla natura (integralità della missione etica).

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