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Editoriale

BURLESQUE

MASSIMO LODI - 21/02/2020

tenzi-e-conteC’è da stupire che Renzi dichiari guerra, oltre che a Conte, al Pd sostenitore di Conte? Non scherziamo. Renzi prosegue/ribadisce la tradizione della sinistra: farsi male da sola. Ha provato (ahi) cosa significa guidare il partito Dem e ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio. Significa aver contro, assieme ai nemici, gli amici. I presunti amici. I followers truccati, che non ti perdonano il successo. Renzi è stato nel mirino del suo schieramento, prima che in quello avversario: quando promosse il referendum costituzionale, gli attacchi più insidiosi glieli mosse una frangia del Pd, arrivata a scindersi sotto le insegne di Bersani. La mucca (e che mucca) nel corridoio di Palazzo Chigi, temporibus illis.

Renzi perse il referendum, e di seguito perse tutto. Che cosa si pensava che contraccambiasse ai piddini subentratigli nelle stanze di comando del Nazareno? Nulla di diverso da quanto vediamo. Se può sconvolgere i piani di Zingaretti, Renzi vi si adopera alacre. E touché (tanto meglio) qualora gli riuscisse d’infilzare l’attuale segretario. Che poi quest’agire non coincida con gl’interessi del Paese, è altro/lunare discorso. Il medesimo che costò il posto a Prodi, a Veltroni, a Letta cui Renzi ipse regalò una beffarda serenità.

Dunque la sinistra non si smentisce. Raccoglie le speranze di milioni d’italiani, ma le delude ingrossando l’esercito degli astensionisti e/o favorendo la migrazione d’elettori a destra. Salvini s’avvale, oltre che della modalità ‘populismo tribunizio’, della modalità ‘altrui mediocrità personalistiche’. Così tenaci nel perpetuarsi da soffocare gl’intenti di palingenesi dei desiderosi d’un governo che tenga insieme le ragioni dello sviluppo coi capisaldi della solidarietà. Si chiama riformismo avanzato, e purtroppo l’han sempre eluso leader affetti da conservatorismo retrogrado, con ciò definendo la primaria tutela d’ambizioni individuali. Risultato: un ricorrente discredito messo in conto del partito che potenzialmente potrebbe riscuotere il ‘maxiplus’ del contrario.

Se ne sono giovati i Cinquestelle, cresciuti a dismisura grazie a un simile harakiri salvo poi rivelarsi degl’incapaci quando s’è trattato di governare; e la Lega, allorché Salvini l’ha nazionalizzata svincolandola dal gancio della Padania cui l’aveva appesa Bossi. Perfino una parte dei consensi che han portato a doppia cifra la percentuale di gradimento della Meloni vengono dalle amaritudini procurate dagli uomini della sinistra al popolo della sinistra.

E dunque Renzi deciso ad affossare il Conte 2.0 che Zingaretti vuole tenere in vita si colloca nel solco d’uno storico copia-incolla. E’ talmente vero che nel gennaio scorso Bonaccini, per vincere la partita in Emilia Romagna, dovette nascondere nel cono d’ombra le maggiori (e confliggenti) personalità del Pd focalizzando su sé stesso le luci della campagna elettorale. L’immagine del fuoco amico, anche quando spento, è così accesa nell’immaginario collettivo da dover essere preventivamente combattuta allo scopo di non procurare (di non procurarsi, nel caso di Bonaccini) devastanti conseguenze.

Alle corte. Si potrà spostare in là fin che si vuole (fin che si riesce) la data del ritorno al voto, ma se la sinistra non trova la quadra/la squadra, uscirà punita dal verdetto. Lo dovrebbe capire per primo Renzi, a meno che non architetti di rendere Italia Viva un partito che con la sinistra c’entra zero. Il burlesque della nostra politica è uno spettacolo d’inesauribile varietà, ogni numero è solo l’annuncio del successivo.

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