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Incontri

AL FRONTE/2 ALTA INTENSITÀ

GUIDO BONOLDI - 10/04/2020

bonoldiDa tre settimane presto servizio nel nuovo reparto di Medicina ad Alta Intensità dell’Ospedale di Circolo di Varese che si prende cura di pazienti con polmonite interstiziale da Covid 19 e che ha attualmente una dotazione di 144 posti letto dislocati su più piani del Monoblocco. Si tratta di una unità operativa in cui sono confluiti medici ed infermieri provenienti da diversi reparti del Circolo e anche da altri Presidi della ASST Sette Laghi, sotto la responsabilità di Francesco Dentali, direttore del Dipartimento di Medicina Interna.

La denominazione di Medicina ad Alta Intensità riflette il tipo di attività clinica che viene svolto: i pazienti ricoverati presentano infatti quadri clinici acuti con insufficienza respiratoria che necessita quasi sempre di ossigenoterapia ad alto flusso e spesso anche di ventilazione non invasiva, trattamento che viene effettuato in collaborazione con gli anestesisti.

Ma la definizione “ad alta intensità” descrive anche la velocità con la quale si stanno implementando a ritmo battente novità organizzative per cercare di curare al meglio i pazienti ricoverati, con nuovi protocolli terapeutici e soluzioni tecnologiche innovative: nell’ultima settimana sono stati introdotti i robot, che permettono di tenere sotto controllo i pazienti e anche di dialogare con loro a distanza, ed é stato implementato un nuovo sistema di telemetria; inoltre si sta incrementando la dotazione di apparecchi ecografici, che permettono una valutazione diagnostica al letto del paziente (per la cronaca uno di questi nuovi ecografi in arrivo è stato donato dalla Associazione Varese con Te in collaborazione con il Circolo della Bontà).

Ma si tratta anche di una medicina ad “alta intensità esistenziale”: quello che contraddistingue coloro che vi operano, giovani ed anziani, è la dedizione per i pazienti ed il desiderio di dare il proprio contributo alla causa comune; come annotava una collega “non ho mai sentito in queste settimane una parola di lamento”, lamento che “in tempi migliori” era invece all’ordine del giorno.

Dopo pochi giorni di lavoro insieme sembra di conoscersi da sempre, a parte il mio problema nel ricordare i nomi delle giovani colleghe, Silvia, Giulia, Alessia, Rossana, Sara…una più brava dell’altra. Una delle cose che più mi conforta è proprio vedere come questi giovani colleghi e colleghe, in Italia li chiamiamo specializzandi, stanno dimostrando una operosità, una capacità di rendersi utili, di integrarsi al volo in una organizzazione non semplice eccezionali.

Un paziente mi ha detto: “sto imparando che si capiscono tante cose dallo sguardo”.

Così l’intensità clinica, organizzativa ed esistenziale, possono diventare anche una intensità dello sguardo e attraverso gli occhiali di protezione e la visiera i nostri occhi possono esprimere tutta la premura e la vicinanza di cui i nostri pazienti hanno bisogno.

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