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Divagando

L’EPOPEA DEL VASÌN

AMBROGIO VAGHI - 15/10/2020

belforteVarese andava rapidamente trasformandosi. Era sorto spontaneamente quel comparto della concia del pellame, dei calzaturifici e delle valigerie sfruttando le acque dell’Olona, mentre andava crescendo il comparto aeronautico attorno alla Avio Macchi. Ma le campagne non erano scomparse di botto. I terreni lasciati all’agricoltura erano ancora vasti il che richiedeva di coltivarli e di accudire alle stalle che davano ancora un buon reddito. Attorno ai nuclei storici della città, Piazza Porcari e Biumo, vi era la corona di piccoli insediamenti. Castellanze, e gli ex Comuni, nuclei abitati da persone che male di adattavano alla Varese che stava diventando città. Proprio da queste pagine in passato abbiamo fatto cenno alle difficoltà di attuare provvedimenti di modernizzazione. La Centrale del latte, istituita dal Comune, veniva bypassata dai “contrabbandieri del latte” che ingaggiavano comiche lotte coi vigili urbani (i Cumess) per continuare l’antica abitudine di rifornirsi direttamente alle stalle.

Di fatto rimaneva assai vivo il bisogno di braccia. Nasceva qui da noi, nelle nostre zone, la categoria sociale dell’operaio-contadino. Operaio in fabbrica e contemporaneamente contadino nel tempo libero.

In tale quadro Varese aveva la sua festa del grano, una festa vera di lavoro e di fatiche. Nulla a che vedere con la celebrata propagandistica Battaglia del grano di Benito Mussolini che appariva a petto nudo nei cinegiornali dell’Istituto Nazionale Luce, proiettati in ogni cinema per esaltare il regime fascista.

Si trebbiava il frumento proprio nell’ampio cortile del Castello di Belforte. Ogni anno giungeva una grande trebbiatrice mossa a vapore e lì venivano portati i covoni di quanto era stato prodotto nei vicini campi attorno a Varese. La macchina era governata da un uomo ancora giovane mutilato di un braccio, perso proprio giocando come noi bambini attorno a quel dinosauro meccanico che l’aveva azzannato. Sfortuna nella sfortuna quel mostro, quella trebbiatrice, era di suo padre.

Il poveretto proveniva da Vespolate nel basso novarese. Un paese a metà tra Novara e Mortara sulla strada delle risaie. Io, guarda caso, lo conoscevo bene. Aveva l’età di mia mamma e si chiamava Vizia Evasio (detto “ Vasin”). Il maggior lavoro il Vasin ce l’aveva a settembre al raccolto del riso. Nell’attesa parcheggiava il suo macchinario a Vespolate nell’ampia aia della Società Operaia. Fino a giugno quando lasciava il paese e partiva verso l’alto milanese ed il varesotto dove avevano già mietuto il grano. Lungo il tragitto faceva fermate di lavoro e quella di Varese era la più bella. L’aveva iniziata ai tempi andati già suo papà ed ora il Vasin la portava avanti con passione. A Varese aveva molti amici che lo consideravano un poco di famiglia. Poi sapendo che io, figlio dell’Ernestina, ero a Varese mi portava sempre saluti dei nonni e qualche buon salame dla duia. Quello di puro suino che si conserva morbido sotto il bianco grasso fuso.

Il lavoro al Castello era frenetico, si portavano covoni e si ritiravano sacchi di grano. Noi ragazzi ci rincorrevamo come in un balletto godendo di quelle speciali giornate.

Quella festa nell’ampio cortile ci riporta alle molte funzioni svolte dal Castello del cui recupero si parla da troppo tempo senza risultati. Il problema è tornato ancora in questi giorni per la bocciatura di un finanziamento importante richiesto da Regione, Comune e associazioni. Una delusione ma ben hanno fatto questi enti a rimettersi in corsa e a non arrendersi.

La grande storia quella dei nobili Biumi padroni del maniero non sarà certo oscurata dalle piccole storie ancora da narrare da parte di nonni e bisnonni di buona memoria. I cittadini sapranno quanto è passato tra quelle mura. La trebbiatura, il teatro dei Rame, le assemblee, le sedie della chiesa del lazzaretto prestate dal prete, la vendita del latte e del burro, i nomi delle famiglie che vi abitavano.

Ci appassioneremo attorno ai misteri ancora da rivelare. Quelli racchiusi nel passaggio secreto tra il castello e il bosco della casa dei Pensa. Dove esiste una galleria sotterranea per la fuga dalla rocca o per la fuga del Della Rocca, bandito dell’epoca inseguito dai suoi nemici?

Indagando sul Castello ci troveremo davanti non soltanto anonimi ruderi che crollano. Sicuramente.

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