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Editoriale

CA##O!

MASSIMO LODI - 23/04/2021

vaccino-anziani-420x252Due cose. Prima cosa. L’idea che sta passando è questa. Ci vacciniamo e basta lì, si torna a vivere secondo l’usata costumanza: stesse abitudini, svaghi, licenze. Del resto, viene argomentato, è il governo medesimo a incoraggiarci alla trasgressione post-galera: dopo aver tenuto il Paese chiuso a lungo, lo riapre per intero e senza data.

Ci vuol poco a bollar la tesi come pisquaneggio. La vaccinazione non serve a debellare il virus, ma ad attenuare le conseguenze del suo viaggiare. Circolerà di meno, farà danni inferiori, caleranno i ricoveri, idem le intubazioni da terapia intensiva, e il numero dei morti segnerà una cifra al ribasso. Infine: la vaccinazione aiuterà a difendersi dalle varianti del virus, che muta subdolamente al modo d’un arcinemico imprevedibile.

Ma, sia pure affrontata con l’arma giusta, la guerra continua. L’addio al rosso e all’arancione non vuol dire disco verde a tutto. Sarebbe harakiri. Il caso Sardegna campeggia a mo’ d’insegnamento. Erano bianchi, son ridiventati vermigli. Vogliamo ripetere il macro sbaglio? La drammatica situazione economico-sociale imponeva il ‘rischio ragionato’ sul quale punta Draghi, perché si può andare all’altro mondo per cause diverse dal Covid. Val dunque la pena di correrlo. Non vale invece andarsi a cercare un ‘rischio non ragionato’ ovvero ritenersi al riparo da ogni pericolo dopo che ci si è fatti iniettare un Astrazeneca, uno Pfizer, un Johnson&Johnson eccetera. In contemporanea ci si dovrà immunizzare da irresponsabilità, incoscienza, menefreghismo. Menefreghismo sì, perché non tutelare sé stessi significa attentare agli altri. Altro che dismettere le mascherine, non tenere le distanze, stivarsi negli ambienti chiusi, bisbocciare by night. Sarebbe/è da sciagurati cretini.

Ed eccoci alla seconda cosa. Persiste e ìmpera una comunicazione da scomunica. Più che a sottolineare i progressi in atto (oltre un quarto d’italiani ormai vaccinati mentre la curva dell’infezione tende all’ingiù) si marcano e rimarcano gli errori compiuti: superficialità, inadempienze, topiche eccetera. Tutto vero, la fila delle sviste e dei rei è lunga, data da oltre un anno, non ha esaurito il suo dispiegarsi. Però. Però che stress la litania del recriminare disfattista: sembra, non vi pare?, l’ora di cenni d’ottimismo. Di fiducia. Di speranza, nel senso non del ministro ma d’un futuro degno d’essere vissuto. Ci sentiamo naufraghi presi da una deriva spaventosa e però in grado d’evitare l’annegamento, se al miracolismo della scienza e all’arrabattarsi della politica s’aggiunge la forza del civismo morale. Intimò il capitano De Falco al comandante della Concordia, Schettino: “Salga a bordo, cazzo!”. Beh, qui non dobbiamo imbarcare alcuno Schettino, però un po’ di saggezza fideistica, questa urge. Altrimenti colerà a picco la voglia di rinascimento trasferita dalla nave Italia alle scialuppe di salvataggio. Provate a Defalcarci, voi che potete. Proviamo a non sottrarci alla serenità, noi che possiamo. Ca##o!

 Ps

  1. Conte che non prende netta distanza dal Grillo videosparlante seppellisce, prima che nasca, l’idea d’un rinnovato M5S. Doveva guidarlo lui, lasci perdere. Si faccia, se vuole, un suo partito. Sarà meglio. E la smetta di nascondersi nella tiritera “né di destra né di sinistra”. Scelga. Un piede, una scarpa. Un Giuseppe, non più Giuseppi.
  2. Salvini che strappa con Draghi pur di grattar via popolarità alla Meloni è un raschio ragionato. Ritorna l’epoca del Papeete, dell’equivoca Lega di governo e di lotta. Nel merito della storiella/storiaccia: la conferma del coprifuoco dalle 22 alle 5 era stata presa dalla ‘cabina di regia’ di cui fan parte i Carrocciai. Poi il dietrofront. Ovvio che al premier girino le ruote.
  3. Gl’inglesi che si tirano indietro convincono Agnelli a uscire dalla Superlega del calcio. Exorit. E fin qui è la battutina. Il battutone, la rovinosa débacle, appare affatto divertente per il presidente della Juve. Da due anni non ne azzecca una. Via Marotta, Allegri, Sarri. Via col vento d’un rinnovarsi fallimentare, come dimostrano i conti in rossissimo del club e le figuracce europee. Più che dimissionare altri, sembra l’ora che si dimissioni egli medesimo. A succedergli viene indicato il cugino Alessandro Nasi. C’è bisogno, un disperato bisogno, di fiuto.

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