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Chiesa

ORA IO VENGO A TE

MASSIMO CRESPI - 18/05/2012

Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.

Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.

Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. (Giovanni 17, 11-19)

 

Nonostante la custodia del Signore, qualcuno tra coloro che Dio Padre ha dato al Figlio Gesù Cristo non è stato conservato, ma secondo le Scritture è andato perduto; costui è “il figlio della perdizione”, che non si sarebbe salvato. La sua colpa? Rileggiamo le prime righe del Vangelo proposto: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione”. Egli non è restato con i suoi fratelli in modo che fossero una cosa sola, ma s’è allontanato per esserne distinto, peccando di presunzione e di egoismo. Parliamo di Giuda, l’Iscariota traditore che credendosi superiore nel giudicare e in grado di discernere solitario ciò che sarebbe stato giusto fare, ha abbandonato rifiutandola (Sal 40, 10) la Comunità dei discepoli, lasciandoli in balìa del male. E il Male se l’è portato via (Mt 27, 5). Adesso dove si trova quest’anima perduta? All’inferno? Non lo sappiamo, perché non conosciamo se egli abbia perseverato nella falsità sino all’ultimo momento della sua vita terrena: negli ultimi istanti della sua agonia potrebbe essersi pentito del peccato commesso, liberandosi dall’eternità della pena da scontare. È così, negli inferi si va quando ci si ostina a respingere la proposta d’amore del Signore, persino dinnanzi alla fine; la si respinge poiché comporta la si ricambi, riconoscendo la grandezza di Dio, dolendosi di non averla accolta prima. Se potessimo sentire le “voci” dei dannati provenire dall’abisso, sentiremmo bestemmie ed avversione continua nei confronti del Signore; non vedremmo un segno, non un’espressione di rammarico o di ravvedimento. Quel luogo sarà sempre così: il posto di chi si danna, tuttavia non si pente.

Giuda ha rifiutato d’amare, cioè di essere qualcuno che replica all’offerta di bene dell’altro cercando di stare con lui, di congiungersi con lui dividendo tutto, nell’identico spirito di colui che intinge la mano nello stesso piatto (Mt 26, 23). Giuda ha commesso lo sbaglio di non voler stare col prossimo, di non volersi mescolare con gli uomini ritenuti incapaci, ignoranti, inferiori, facendosi intimo con loro nell’accoglierli senza condizioni. Non accettare di farsi intimo col fratello dunque è l’errore, lo sbaglio di chi tradisce sangue che non ha alcuna macchia, né difetto: “Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente” (Mt 27, 4). Comunque si valutino gli uomini serve stare assieme a loro fedelmente e senza alcun timore, e mischiare le proprie differenze perché ci si migliori vicendevolmente. Serve stare assieme a tutti gli uomini; in compagnia di quello piccolo, grande, bello, brutto, semplice, complicato, sopportabile, insopportabile; vincente e perdente. Essere una cosa sola, cercare l’unità a tutti i costi, può dare la pienezza della gioia cristiana, pur nel disprezzo di chi comprende che esiste qualcuno di più grande dell’uomo mondano, tutto ripiegato su di sé, disposto a salvaguardare esclusivamente sé stesso o i propri affetti: “Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”. Non essere una cosa sola porta alla povertà, all’annichilimento disperato. Ci vuole la consacrazione nella verità del Vangelo di Cristo, pregando affinché il Maligno non ci porti via allorché stiamo percorrendo le vie del mondo, ricercando la grandezza che ci manca.

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