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Fisica/Mente

MUTATIS MUTANDIS

MARIO CARLETTI - 16/12/2022

?????????Ci sono in medicina, ma ovviamente credo anche in tanti altri ambiti, delle parole che derivano dal greco o dal latino e che descrivono in modo perfetto la realtà.

Ad esempio il termine influenza, della quale parleremo in seguito visto il prospettato impatto che questa nuova epidemia potrebbe avere sulle nostre vite nelle prossime settimane, calza a pennello.

La parola deriva dal latino medievale influentia che a sua volta deriva da influere, cioè scorrere dentro. Tutti noi abbiamo provato i brividi da febbre da influenza che danno proprio l’impressione di scorrerti dentro in tutto il corpo.

L’influenza ha un impatto molto importante sulla sanità pubblica sotto diversi punti di vista, compreso quello economico. Il primo isolamento nell’uomo di un virus influenzale risale al 1933 in Inghilterra (prima era stato isolato in animali) e da allora ne sono stati isolati 4 tipi diversi ma tutti appartenenti alla stessa famiglia: tipi A e B responsabili della forma classica, il tipo C generalmente asintomatico, ed un tipo D dalle caratteristiche ancora non ben chiare. I virus della forma A sono a loro volta ulteriormente suddivisi in sottotipi in base a differenze biochimiche della loro superficie.

Proprio questa loro ultima caratteristica, cioè di mutare, di cambiare l’aspetto con il quale si presentano al nostro sistema immunitario, permette loro di eludere le nostre difese create ad esempio da un contatto precedente, rendendo di fatto la maggior parte del genere umano suscettibile di nuovi contagi.

Trovando terreno fertile il contagio può assumere in breve le caratteristiche dell’epidemia vera e propria.

Queste pandemie si sono verificate nella storia dell’uomo ad intervallo di tempo imprevedibile, la Spagnola del 1918 (20 milioni di morti), l’Asiatica 1957, Hong Kong del 1968 e l’ultima quella del 2009 ad un sottotipo della famiglia A.

Va tenuto anche in conto che fortunatamente, come accadde per i casi di Hong Kong ad esempio, poi non tutte le nuove varianti hanno una efficacia di trasmissione da uomo a uomo ottimale.

Facile quindi comprendere quanto sia complicato creare vaccini realmente aggiornati sul tipo di variante, avendo in realtà come unico punto di partenza scientifico, l’individuazione dei ceppi precedentemente isolati.

Il grande lavoro medico che sta alle spalle dell’influenza è quindi quello di sorvegliare la popolazione in modo da individuare inizio, durata, intensità, distribuzione geografica al fine di isolare poi gli eventuali nuovi ceppi virali circolanti.

La diffusione dell’influenza avviene fondamentalmente per via aerea con le goccioline di saliva che espelliamo tossendo, starnutendo o semplicemente parlando, più facilmente in ambienti chiusi ed affollati. Il contatto può anche avvenire anche attraverso oggetti od utensili perché il virus sopravvive per un periodo relativamente lungo ed essere portato alle mucose con le mani.

L’incidenza del contagio è attorno al 9% che sale al 26% nella fascia 0-14 anni. Tempi di incubazione 1/2 giorni, durata 3/4 ma può prolungarsi anche a una, due settimane. Sintomi: febbre, brividi, dolori ossei, mal di gola, raffreddore, tosse etc etc

La diagnosi pratica si fa su questi sintomi, la certezza invece si può avere solo con l’isolamento del virus influenzale (ciò che avviene negli studi scientifici).

Le complicanze colpiscono più facilmente donne in gravidanza, bambini fino ai 5 anni, anziani, pazienti in terapia con farmaci che abbassano le difese immunitarie.

La vaccinazione è la miglior prevenzione perché abbassa le probabilità di infezione, protegge dai sintomi più gravi, evita le complicanze più pericolose ed in generale riduce il carico di assistenza socio/sanitaria, quindi di spesa, diventando un atto di sanità pubblica.

In modo particolare è pertanto consigliata per i soggetti a rischio per fragilità o tipo di attività che espone ad esempio più facilmente a contagi.

La terapia, per chi non è a rischio, spesso è il buon senso, riposo a casa, bere per evitare disidratazione, farmaci anti piretici (ibuprofene, paracetamolo etc) in caso di febbre alta, astenersi da contatti stretti con altre persone.

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