Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Chiesa

È VENUTO IL MOMENTO

MASSIMO CRESPI - 03/11/2012

Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole… è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno… verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. (Giovanni 5, 21-29)

 

Luca Signorelli, “La resurrezione dei morti”, Duomo di Orvieto

Tutti risusciteremo dalla morte. Saremo vivi per sempre poiché Dio ci ridarà la vita. Quando moriremo, potremo risuscitare e vivere senza fine, per l’eternità; certo. Ma risusciteremo per la salvezza soltanto se l’avremo voluto. Se non avremo voluto salvezza alcuna da Dio, comunque risusciteremo, poiché ciò che è creato non viene cancellato; però saremo condannati, per stare coi dannati dell’inferno come coloro che l’hanno voluto, scelto consapevolmente, liberamente e per sempre, scelto di rifiutare Dio con la sua proposta.

La proposta divina riguarda ciò che è bene, ciò che è doveroso fare perché prevalga la vita rivelata nelle Scritture, quella spiegata con chiarezza nel Vangelo quale modello su cui conformare la propria condotta assieme alla propria fede speranzosa di beatitudine eterna. Avverrà che nel nostro sepolcro si sentirà di nuovo quella voce tante e tante volte sentita distintamente prima di morire; quella voce del Figlio Gesù che chiama alla salvezza, alla gioia. Allora, se l’avremo ascoltata nella vita passata scegliendola come parola sensata da prendere con noi integralmente, ci lasceremo guidare nuovamente e verremo fuori dalla tomba, alla luce, sani e salvi. Diversamente continueremo ad ignorare quel richiamo, lo rigetteremo di nuovo: stavolta per tutte e sprofonderemo nella terra ancora di più, sino alla melma a cui ci incorporeremo definitivamente e ci inabisseremo.

Le parole di Giovanni però sono valide per i morti in carne ed ossa, ma specialmente per noi morti nello spirito.

Noi intendiamo la voce di Cristo che ci richiama alla vita vera quando viene predicato l’Evangelo, quando la Chiesa di Gesù ci parla, ci ammonisce, ci istruisce e ci conforta. Siamo liberi di turarci l’udito, di allontanarci; peggio, di tappare le bocche dei fratelli in Cristo che predicano la buona novella della salvezza anche per chi sta agonizzando, morendo soffocato dal mondo. Conosciamo così tutta la verità, la via maestra adatta alla nostra vita: a noi la scelta di prestare l’ascolto o di dimenticare le parole del Signore. Riflettiamo sul fatto che Gesù ci parla distintamente quando siamo morti nello spirito, quando siamo per terra, nel fango o schiacciati dalle cose mondane. Si legge che “è questo” il momento della voce divina nella nostra storia; cioè che è praticamente sempre l’ora dove si sente parlare Dio. Dunque sempre qualche cosa dentro di noi muore esalando lo spirito vivificante, e quella parte necrotica rischia di infettare tutte le parti sane e sante che compongono la nostra persona, la nostra personalità animata dallo spirito. Sempre Gesù ci parla, la Chiesa parla, si fa ascoltare e più nitidamente se siamo più malati, infettati maggiormente dal male e ad un passo dal disfacimento. Dai sepolcri dell’esistenza Dio non rinuncia a trarci fuori indicandoci il modo per uscirne. Riflettiamo. Non è forse vero che sentiamo qualcosa, qualcuno che ci sostiene nei momenti di buio, di prigionìa, di disperazione che tutti passiamo? Probabilmente la nostra attenzione è maggiore, tendiamo le orecchie e dilatiamo lo sguardo nella ricerca di una soluzione e di un rimedio che ci liberi; in quel momento sentiamo chi ci dona la speranza di una vita possibile, migliore, e riconosciamo chi ci aiuta come salvatore. È lui. Il nostro Signore!

Ricordiamoci di Gesù nei volti dei fratelli, nelle loro voci; sono pure queste voci parlanti nel nome di Cristo che possono tirarci via dai guai. Le voci di chi sta bene ed è felice, ma anche le lamentele di chi ha fame, sete, è straniero, quelle di chi non ha vestiti, di chi soffre negli ospedali, nelle celle delle carceri; i lamenti del prossimo sono lamenti del Signore ed ascoltarli, curarsene, è salvarsi. Sta scritto: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ha avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 34-36). E: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato” (Mt 25, 41-43).

Chi fra noi viene sepolto dalla vita ha modo di venirne fuori sentendo l’ammonimento di Colui il quale chiama ad occuparsi di chi giace con noi nella triste, medesima posizione di morente; morente destinato tuttavia alla risurrezione.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login