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Attualità

IL LAVORO DELLE DONNE PER IL PROGRESSO ECONOMICO

CARLA TOCCHETTI - 13/11/2011

Vogliamo scommetterci, le donne traghetteranno il mondo fuori dalla crisi globale. Accadrà quando sarà incentivato il lavoro femminile, accanto a quello maschile: un potente effetto moltiplicatore, tale da farci uscire dalla crisi più nera. In Italia, se le donne arrivassero a un 70% di occupazione contro l’attuale tasso di inattività fermo al 48%, il PIL aumenterebbe del 20%, e finanzierebbe un  +30% della spesa pubblica per le famiglie.  Si sa che il lavoro femminile contribuisce al benessere della famiglia in virtù del doppio reddito: si consumano molti più servizi, si generano richieste di assistenza per bambini e anziani, per necessità domestiche, ma anche per ricreazione e ristorazione, per la cosiddetta “economia in rosa”, e si investe maggiormente nell’istruzione dei figli – insomma ci si assicura un futuro migliore. Benefici che ricadono anche sulla collettività:  per ogni cento donne che entrano nel mondo del lavoro, si stima che si creino altri quindici nuovi posti di lavoro, soprattutto nei servizi alle famiglie. Il meccanismo, tuttavia, stenta a decollare perché le donne, in un mondo organizzato “al maschile”, sono impegnate contemporaneamente su troppi fronti: famiglia, lavoro, figli, anziani. E, se non aiutate sul fronte dei servizi per le famiglie, resteranno limitati il loro accesso e carriera nel lavoro.

Abbiamo fin troppe ragioni per potenziare il motore dell’occupazione femminile, ma che fare? A Varese, un convegno di Camera di commercio e sindacati Cgil, Cisl e Uil, partendo da uno studio di Liuc Università Cattaneo, propone uno scenario statistico, e stimola le associazioni di categoria a dare risposte. Accanto ai sindacati che chiedono incentivi e sgravi economici statali per le aziende, in funzione di assenze o riduzioni d’orario collegati alla maternità (parlando anche di “paternità obbligatoria”), molti sono stati gli spunti su cosa fare “dal basso”. Confartigianato Varese auspica che si possa favorire la nascita di una nuova categoria di “artigiani nel settore dei servizi alle famiglie”; gli fa eco Cna Varese-Ticino Olona che annuncia la  programmazione di servizi di welfare dedicati alle imprenditrici donne. API Varese è impegnata con la Provincia per attivare la conciliazione del tempo famiglia/lavoro nei Comuni. Uniascom Varese, con Antonella Zambelli, Presidente Nazionale delle Donne imprenditrici del Terziario (Fipe), crede nell’associazionismo e nella formazione; racconta il progetto DOnne in REte per MIgliorare, finanziato dal Ministero del Lavoro: “Utilissimo fare rete, siamo in contatto con realtà italiane simili alla nostra e possiamo confrontarci sulle esperienze già fatte da altri”. Unione Industriali Varese e Ufficio Scolastico Provinciale, collaborando con i docenti delle superiori,  lavorano per indirizzare le giovani verso le professionalità più richieste. La crisi si sente anche nel nostro territorio, ma vi è da colmare un paradossale divario fra offerta e richiesta di lavoro: l’economia varesina richiede alle donne maggiori competenze tecniche e scientifiche, informatiche, linguistiche.

A una platea già convinta del valore del lavoro femminile, due testimonianze aggiungono conferme. “Dai dati del nostro osservatorio, a parità di “skills” le lavoratrici forniscono migliori prestazioni degli uomini: cerchiamo più candidature femminili per il lavoro tecnico, ma non le troviamo”, dicono alla Sices Group, multinazionale con sede a Lonate Ceppino, che opera nell’impiantistica nei settori petrolchimico ed energetico. E in Areta International, localizzata al BioPark di Gerenzano, che produce colture per farmaci biologici: “Le donne sono un capitale prezioso: da noi il 70% sono donne, non le chiamiamo ricercatori ma “champions”. Perché sono altamente qualificate, passano da un progetto all’altro, sono organizzate e collaborative, mettono amore nel loro lavoro. Il nostro modello contrattuale impone condizioni molto severe, ma a fronte di un piano di crescita lavorativa e formazione continua di respiro almeno triennale”.

Concludendo con una valutazione socio-demografica, sorprendente per i non addetti ai lavori, la Presidente della Consulta Elena Sartorio afferma che tra gli indicatori della crescita sociale ed economica di un paese si deve considerare anche la propensione alla maternità. Donne, lavoro, economia e fecondità: nei paesi dove i primi tre indicatori sono in positivo, anche i problemi demografici sono minori e lo sviluppo sociale diventa sostenibile. Nella virtuosa fucina di idee del Convegno varesino è mancata però la valutazione dell’aumento dell’aspettativa di vita, probabilmente il più pericoloso fattore di rischio nella gestione di qualsiasi crescita economica. Dobbiamo prepararci a gestire anche l’invecchiamento della popolazione femminile, attiva professionalmente, trasformandola in opportunità, piuttosto che un peso per la società. Un’altra importantissima sfida da affrontare per vincere la partita del nostro futuro: pensiamoci, prima che sia  troppo tardi.

 Al sito web della Camera di Commercio www.va.camcom.it è consultabile integralmente la ricerca “Il contributo dell’occupazione femminile alla crescita economica in provincia di Varese”.

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