No, i rapporti tra maggioranza e opposizione in Consiglio Comunale a Varese non sono esattamente idilliaci. Non sempre gli assessori in Giunta sembrano sprizzare volontà di comunicare o chiarire i temi in discussione con l’opposizione, soprattutto quella leghista, che a sua volta si “vendica” con raffiche di mozioni che spesso hanno l’aria dell’azione di disturbo. Quando poi non si scende sull’attacco personale. Lo scorso lunedì 19 maggio si è toccato però probabilmente il punto (finora) più basso.
Un’ora esatta dopo che nelle stesse sale il Consiglio ricordava in piedi Calogero Marrone, l’impiegato dell’anagrafe varesina di origini siciliane (era presente una delegazione del Comune agrigentino di Favara) che tanti ebrei salvò dalla deportazione, fino a farsi catturare e morire di stenti a Dachau nel febbraio del 1945, quello stesso consiglio riusciva a litigare su chi a Gaza ha l’alternativa tra l’essere straziato dalle bombe o, appunto, dagli stenti. Anzi, nemmeno era in grado di “litigare”, perché se almeno il contrasto fa parte del gioco democratico, questa volta a dominare è stato un assordante silenzio.
I fatti: Il giorno prima, domenica, al termine della sua messa si “intronizzazione”, Papa Leone lanciava un messaggio particolare, senza se e senza ma, alle vittime della carneficina in atto a Gaza, parlando letteralmente di “bambini e famiglie ridotti alla fame”. Il lunedì nel più laico consesso del consiglio comunale di Via Sacco, era in discussione la mozione sul tema presentata dal pentastellato Luca Paris. Il consigliere ex PD, che appartiene alla maggioranza, non è nuovo a interventi su questioni umanitarie e internazionali e, va ammesso, nelle sue argomentazioni è molto, a volte fin troppo” dettagliato, con un documento ricco di riferimenti storici e politici. Insomma, gli argomenti di discussione non mancavano, per dire “si”, “no”, “si però….”. Solo che, se in altri casi, anche di impatto non paragonabile (un esempio: la mozione sul caso Assange/Wikileaks), si era assistito a una qualche forma di confronto, questa volta accadeva l’impensabile. Quasi tutta l’opposizione usciva dall’aula senza proferire parola. Uscivano i consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia, per rientrare solo dopo la votazione, che vedeva la maggioranza compatta e quattro erano le astensioni dell’area centrista-forzista, compresa quella di Roberto Puricelli, pure assentatosi durante il dibattito, quasi a rimarcare la parziale vicinanza con le posizioni Lega-Fdi. Un atteggiamento che consentiva al consigliere Pd Domenico Marasciulo di parlare di “pugno allo stomaco.

Un quadro incomprensibile in effetti, perché se è pur vero che la mozione, fitta di rimandi ai pronunciamenti e comportamenti dei vari parlamenti internazionali e financo dell’Onu, si chiudeva in sostanza con la richiesta di promuovere presso il Governo il riconoscimento dello Stato di Palestina, nella logica dei “Due Popoli, due Stati”, poteva esserci spazio almeno per un dibattito. Invece nulla, nemmeno una parola sulla strage in atto, nemmeno il consueto auspicio alla liberazione degli ostaggi e alla cessazione delle ostilità.
Quale interpretazione allora? Una ipotesi è che all’interno del centro-destra (e soprattutto della Destra, perché una qualche cauta posizione era stata espressa nei giorni precedenti dal ministro degli Esteri e segretario forzista Tajani) si fosse “in attesa di indicazioni romane”, che sono poi arrivate due giorni dopo con una mozione approvata dalla sola maggioranza parlamentare (bocciate invece le mozioni delle minoranze) che parla di fine delle ostilità, restituzione degli ostaggi, aiuti umanitari, ripresa degli Accordi di Abramo (riconoscimenti reciproci tra Israele e una serie di Paesi arabi). Nessuna condanna però per le devastazioni in Palestina, per il piano israeliano di occupazione di Gaza. Nulla insomma che possa contrariare Trump o Netanyahu.

Morale, in un quadro nel quale le responsabilità non stanno certo da una sola parte (e la mozione Paris citava a chiare lettere l’attacco del 7 ottobre 2023), ma le conseguenze sono ben diversamente distribuite e dove anche nel consiglio di ministri degli Esteri Ue la risoluzione che invita la Commissione a rivedere i rapporti economici con Israele, è stata adottata solo a maggioranza di 17 su 27 Paesi (contrari dieci tra cui Italia e Germania), le opinioni potevano essere diverse. Inoltre, nessuno poteva pretendere che dal Consiglio Comunale di Varese uscissero misure utili per risolvere una crisi di tale portata. Tuttavia, anche solo alzarsi e prendere il microfono per illustrare una posizione sarebbe stato apprezzabile. In segno di rispetto. Comprensibile il timore politico che qualsiasi parola potesse essere smentita il giorno dopo dai maggiorenti a livello nazionale del partito di riferimento, ma su questioni umanitarie di tale portata, l’immagine delle tre scimmiette e del “non vedo, non sento, non parlo” non fa bene.