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Cultura

TRA SCIENZA E PENSIERO C’È LA PROBABILITÀ

STEFANIA BARILE - 27/03/2015

De Finetti nel 1928

De Finetti nel 1928

L’eterna diatriba tra scienza e materie umanistiche ora può placarsi, anche solo per il tempo di lettura di questo articolo, e mettersi in ascolto. È giunta l’ora di fare chiarezza e restituire dignità di pensiero alla scienza che si è vista usurpare questa straordinaria dote tributaria all’intelligenza umana, funzionale alla risoluzione di tutti i problemi che assillano la nostra quotidianità, nel momento in cui ha concentrato le sue migliori forze ed energie sull’analisi matematico-scientifica dei fatti, reputata unica e inossidabile fonte di verità assoluta.

Non mi servirò di fiabe consolatrici o di storie lacrimevoli per acquietare anche gli animi più agguerriti, ma di una biografia interessante, capace di aprire un dialogo tra la scienza, intesa come razionalità funzionale all’approccio logico ed esatto con la realtà, e le differenti soggettività immerse in altrettante differenti situazioni ambientali e storiche. Mi riferisco infatti alla storia della ricerca del matematico Bruno de Finetti (Innsbruck 1906 – Roma 1985) e, per iniziare, alla sua opera “La logica dell’incerto” per contrapporla a quella del collega Morris Kline che ne “La perdita della certezza” dichiarava la crisi dei fondamenti della matematica e quindi la fine di quel sistema di certezze che ci permette di vivere e di progettare la vita.

Alla logica matematica (in particolare alla teoria della definizione nominale), che appassiona a tal punto de Finetti da preferire la Facoltà di Matematica Applicata a Ingegneria, e alla critica positiva del mondo empirico si aggiunge il probabilismo, capace di correggere e integrare le prime due nei punti che egli non riusciva ad accettare: quelli in cui una cosa qualunque doveva essere dotata di un valore assoluto, trascendente il valore psicologico soggettivo e indipendente da esso. Il suo studio appassionato rivolto a una buona matematica, quella della vita, in opposizione ad una cattiva matematica, quella astratta e teorica imparata solo per superare l’Esame di Stato, porterà de Finetti a dedicare il suo tempo allo studio della matematica stessa attraverso l’osservazione della vita, rompendo così il magnifico isolamento della previsione scientifica per avvicinarla, attraverso graduali concessioni, alle comuni previsioni o congetture della vita pratica.

In questo modo non c’è più nella previsione scientifica una certezza assoluta, ma soltanto una certa probabilità che può al massimo divenire tanto grande da meritare il nome di certezza pratica. In questo modo la matematica di de Finetti consente di afferrare in un colpo tutta la vita, permettendo infinite letture delle esperienze dal concreto all’astratto e dall’astratto al concreto e offrendo una via naturale verso il ragionamento. La sua militanza nella scuola, che lo ha visto docente all’Università di Trieste prima e a quella di Roma poi, ha lasciato indelebili tracce delle sue innovative modalità di insegnamento e di verifica degli apprendimenti: la sua matematica era logico-intuitiva direttamente colta e applicata alla realtà e portava a quel tipo di certezza che risultava sufficiente ai nostri umani scopi con la lucida consapevolezza che sempre di probabilità si tratta.

Nell’opera “L’invenzione della verità” del 1934 (rimasta inedita fino alla fine della seconda guerra mondiale per il carattere innovativo e controcorrente rispetto all’ideologia fascista in quel periodo mutata in conservatrice e clericale e dunque in opposizione alle verità relative), De Finetti ha portato la probabilità nella scienza, presentandola come strumento necessario per guardare attraverso il futuro e strutturarlo di giudizio di probabilità e come ponte tra comuni congetture della vita pratica e spiegazione scientifica. “Probabile” per de Finetti è la sensazione soggettiva, la misura del grado di giudizio nell’avverarsi di un dato evento, è misura di una “credenza” di uno stato soggettivo (da David Hume, uno dei suoi autori preferiti), ma rappresenta allo stesso tempo una proprietà degli eventi del mondo ben distinta dalla frequenza, qualificata come probabilismo oggettivo.

Non è difficile comprendere che per esprimere un giudizio di probabilità su un’esperienza singola è necessario effettuare tanti esperimenti e studiare le frequenze nella classe di eventi a cui appartiene. La probabilità infatti viene data dal soggetto sulla base delle informazioni che raccoglie e la verità esiste solo come condivisione di conoscenze e di informazioni, quindi risulta relativa ma sicuramente più importante e più significativa di un dogma.

Il corso di questa interessante biografia scientifica è stato proposto nell’ambito del Progetto dei Giovani Pensatori dalla compagnia teatrale L’aquila Signorina-Terza decade di Gabriele Argazzi e Barbara Bonora nello spettacolo scientifico “Probabilmente …de Finetti” il 20 marzo dalle 10 alle 12 presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi dell’Insubria alla presenza degli studenti delle Scuole Superiori di Secondo Grado. Accompagnato da scene tratte dal film “L’eclissi” (1960) di Michelangelo Antognoni l’attore Gabriele Argazzi ha descritto l’evoluzione del pensiero matematico di de Finetti attraverso documenti raccolti da Luigi Moretti, amico e collaboratore dello stesso scienziato.

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