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Società

L’UOMO SI ASCOLTI

EDOARDO ZIN - 27/11/2015

battistaMentre si incominciava a respirare segretamente una soluzione solidale per le migliaia di profughi che fuggono dalle guerre, mentre si affacciava timidamente all’orizzonte il barlume di una ritrovata crescita economica, mentre sulle rovine di un mondo disumano fioriva la speranza di una nuova primavera, in una sera, preludio di un fine settimana da vivere nella spensieratezza, è iniziata “ la fine della fine del mondo”, titolava un giornale parigino.

In poche ore si è ripiombati nel terrore, nella prostrazione, nella disperazione.

La fine delle grandi ideologie aveva potuto lasciar credere a un mondo unito e pacificato. Con una Europa unita si doveva instaurare un periodo di pace, di solidarietà, di prosperità. Il maggio del ’68 aveva portato l’emancipazione dell’uomo e della donna, le nuove tecnologie avevano portato il mondo in casa e la comunicazione diveniva rapida come una saetta, il progresso doveva condurre alla realizzazione trionfale dello spirito descritto da Hegel.

È bastato un attacco terroristico per sconvolgere la storia e per invitarci a riflettere su di essa per scoprirne il nuovo volto, per farci capire che siamo inseriti in una dinamica a cui tutti dobbiamo partecipare coscientemente, che è tutta l’umanità che deve cambiare progetti e sviluppi, che le nuove generazioni dovranno acquisire una maggiore conoscenza della storia, abbandonando passionalità e partigianeria, per possedere misura di valutazione e inserirsi con più attenzione nella vita quotidiana.

Sarebbe giusto che i cristiani meditassero sulla storia per scorgerne non solo l’aspetto finalistico, ma per coglierne tutto il male e tutto il bene, tutto ciò che germina sviluppo e tutto ciò che deve essere amputato. Le barricate, le dighe, le frontiere dovrebbero apparire a noi cristiani e a chi le erge antistoriche e divenire piuttosto uno stimolo a ben procedere. La profezia del premio Nobel Saul Bellow non ci convince: “Dio sarebbe perfettamente felice in Francia perché non sarebbe disturbato dalle preghiere, dai riti, dalle benedizioni, circondato com’è dagli agnostici. Anche lui potrebbe la sera rilassarsi come tutte le migliaia di parigini attorno a un tavolo del loro caffè preferito”.

Dio ha bisogno degli uomini per fare la storia. Chiede a loro una presenza più coerente e una chiarezza più cristiana perché il domani non sia più tragico del presente.

Ce lo ricorda il Vangelo che sentiremo proclamare domenica:” Che cosa siete andati a vedere nel deserto?…Che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta….”.

Nel deserto delle nostre città, di Parigi o di Bruxelles, dove l’uomo sopravvive, lacerando le dimensioni dello spirito, beffeggiando chi crede nel Signore della storia, sembra non ci sia più posto per i profeti che promettono salvezza. Non c’è più posto per chi indica la strada da percorrere, per chi guarda al futuro con speranza, per chi parla con franchezza. Non c’è posto per i nuovi precursori che come Giovanni, barba incolta, pelle d’animale sul torso scarnito dai digiuni, chioma prorompente, brandente la croce di canna, levano stentorea la voce di giustizia e di annuncio, parole di perdono e di salvezza. Perché non ci sono profeti che levano il loro monito per scolpirlo nel cuore di uomini che attendono “che le nubi facciano piovere la giustizia, che la terra si apra e produca la salvezza, e germogli assieme la giustizia “?

Un aforismo rabbinico dice che il vero profeta è colui che “ fa sprizzare scintille divine dalle pietre” e un altro premio Nobel, Nel Sachs, vede nei profeti coloro che “irrompono per la porte della notte” e con la loro voce “incidono ferite” cercando “un orecchio come patria, un orecchio non ostruito da ortiche”.

La notte è notte, ma non può essere un evento scontato, non può ammantellarsi invano. Alla notte più buia segue spesso l’alba più dorata. Non bisogna disperare, occorre solo che l’uomo si ascolti, rientri in se stesso. Non bastano i fiori, le candele, i minuti di silenzio. A queste cose l’uomo d’oggi crede poco e durano lo spazio della commozione passeggera. Occorre che l’uomo moderno riscopra la sua immortalità e blocchi la rassegnazione con un’irruenza di Eterno.

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