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Cara Varese

L’OBBLIGO DELLA COERENZA

PIERFAUSTO VEDANI - 16/06/2016

palazzoCon provocatoria franchezza un conoscente mi ha chiesto notizie della mia salute mentale dal momento che non sostengo la candidatura a sindaco di Paolo Orrigoni. Il rilievo me lo ha fatto considerati i miei rapporti con suo padre, ma tenendo conto anche della mia estrazione sociale, della mia lontananza da picchi ideologici e considerando infine la mia conoscenza della città grazie a 53 anni di attività come cronista a La Prealpina, il Giorno, Rete 55, Luce, Varesenews, Radio Missione Francescana e Rmfonline.

Ho replicato che considero Orrigoni jr una bella persona, un imprenditore di successo, ricco di entusiasmo e di sincera voglia di lavorare per la comunità, addirittura un dono per Varese, eppure per coerenza, per rispetto di me stesso e dei lettori che hanno la pazienza di seguirmi, non potevo e non posso appoggiare la sua candidatura a sindaco perché sorretta da una maggioranza che agli interessi dei cittadini ha troppe volte anteposto la sua vocazione al potere, esercitato però come modesto gregariato in sede regionale e nazionale. Una maggioranza capace solo di tacere quando gli interessi della comunità varesina non venivano tutelati, quando alle elezioni politiche venivano imposti candidati del tutto estranei alle realtà del territorio.

Per anni ho avuto modo di sottolineare questa modestia, a volte vestita dei panni addirittura dell’inconsistenza, pronta però a trarre a volte vantaggi da intuizioni, di raro pregio volpino, le volte in cui si profilavano opportunità che poco avevano a che fare con reali interessi della collettività.

E che sia di una incredibile furbizia questa maggioranza lo dimostra proprio la candidatura di Paolo Orrigoni, una scelta che fa dimenticare i trascorsi mediocri, le incapacità, gli errori che hanno caratterizzato l’ultimo quarto di secolo delle vicende bosine. Vicende che non solo io, ma anche altri colleghi hanno raccontato con schiettezza.

Oggi presentandoci Paolo Orrigoni si vuole far dimenticare i fallimenti di programmi annunciati come rivoluzionari, il lungo elenco di grandi opere mai avviate, si vuole far dimenticare il basso profilo della gestione di Varese rispetto a quelle di altre città della nostra provincia. Che sono riuscite a difendersi nonostante i tempi grami e avendo come riferimento gli stessi partiti di Varese.

Paolo Orrigoni è un apprendista della politica, lo vogliono come scudo coloro che hanno dimostrato, per anni, di essere poco più che apprendisti.

Non siamo al primo sindaco giovane inventato dalla politica. Pippo Gibilisco, esordiente come assessore divenne successivamente primo cittadino su indicazione di Mario Ossola che se ne andava dopo 14 anni di positiva guida della città. Gibilisco se la cavò, così come anni dopo Raimondo Fassa, primo sindaco leghista d’Italia. Un solo mandato nel segno del servizio alla città, ma anche con rispetto per se stesso se alla fine non condividendo scelte e diktat di partito preferì non rinnovare l’esperienza.

Oggi il ricorso a un candidato del profilo di Paolo Orrigoni lo vedo come ammissione di una vera sconfitta militare, di una rotta politica della maggioranza di Varese iniziatasi con la fine della Prima Repubblica. E purtroppo ancora in corso.

Si tenta di sopravvivere ricorrendo alla generosità e al coraggio di un imprenditore che a mio parere con simili sponsor rischia non poco, sempre che a tutela della sua eccezionale disponibilità per il progetto di una nuova Varese, Orrigoni non terrà nel cassetto già pronta la lettera di dimissioni.

Varese ha dato alla Repubblica grandi ministri alla Protezione Civile e agli Interni, ha dato alla Regione autorevoli presidenti del Consiglio come Marvelli, Fontana e Cattaneo e oggi il governatore di Palazzo Lombardia è Roberto Maroni, ovvero l’ultima trincea di una riscossa che si annuncia difficile e lo sarà molto di più se non ci sarà stato rinnovamento, giro di vite, cambiamento che non possono essere affidati a un sindaco giovane e come tale possibile ostaggio di vecchi centri di potere.

Cronista in ospedale per parecchi anni, con preoccupazione ho constatato il silenzio, il gregariato verso la Regione della maggioranza cittadina davanti alla mancata tutela della salute pubblica, addirittura massacrata con l’incredibile ridimensionamento del nostro sistema ospedaliero. Una vera, enorme macchia nera dei ciellini milanesi e dei loro soci forzisti. Davanti ai quali il centrodestra bosino, tutto, leghisti compresi, per anni è rimasto in ginocchio tradendo così i suoi elettori.

Amministratori e partiti responsabili non avrebbero tollerato che per anni migliaia di abitanti della città e del territorio patissero situazioni incredibili se non ignobili al Pronto Soccorso.

Invece di lamentarsi con Striscia la Notizia o accusare i giornalisti di denigrare l’ospedale (i cretinetti di turno me li sono beccati anche io) se i politici fossero andati a piantonare il Pronto Soccorso, a toccare con mano i problemi della gente, oggi avremmo una città politicamente e culturalmente diversa. Che adesso invece deve nascondersi dietro Paolo Orrigoni per non perdere almeno il potere, avendo già perso la faccia.

Dovesse diventare sindaco, ritenendo di avere ancora una salute psichica accettabile, mai farò la guerra a Paolo Orrigoni, anzi lo aiuterò a difendere la sua indipendenza. Con lo stesso spirito con il quale, nel segno del più grande reciproco rispetto e della lealtà, ho avuto rapporti con suo papà Luigi.

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