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Società

VINCERÀ L’AMORE

EDOARDO ZIN - 09/09/2016

jacquesMon cher Pére Jacques,

non so se in Paradiso, dove lei ora contempla il volto del suo Signore e ritrovato i suoi cari, i suoi amici, i suoi fratelli nel sacerdozio e i suoi parrocchiani, non so dove siano le schiere dei troni e delle dominazioni, i cori degli angeli e degli arcangeli, se i martiri fanno comunità a sé o se le famiglie terrene si ritrovano ancora assieme. Non lo so, ma se così fosse, mi piacerebbe che lei facesse parte della schiera che comprende anche il severo parroco della mia infanzia, i sapienti preti incontrati nella mia giovinezza, il curato di campagna descritto da Bernanos e il Santo Curato d’Ars.

Infatti, io la penso giovane curato nelle parrocchie della bassa Normandia, dove i confini dei verdi pascoli non sono segnati da filari di alberi o da recinti, ma da antichi capitelli su cui schiette mani hanno scolpito via via nei secoli episodi della vita di Cristo e della Madonna. La vedo rientrare nella sua casa la domenica sera, stanco, senza trovare né fuoco acceso né pasto pronto. Eppure lei non si è mai abbandonato alla tristezza della solitudine perché è sempre stato in comunione profonda con Dio.

La rivedo quando il vento nuovo della grande città vicina sconvolse la tranquillità della campagna, quando l’ondata della desacralizzazione travolse valori che si pensavano perenni, quando temette perfino che il Concilio fosse responsabile di questo capovolgimento. Lei, imperterrito, ha continuato a celebrare l’Eucarestia per un gregge sempre più esiguo. Ormai anziano, è andato a vivere in una comunità di preti, il cui parroco proviene da un lontano paese africano. Ed è sempre stato pronto ad accogliere, ad ascoltare, ad aiutare soprattutto i poveri e ad allacciare nuove amicizie anche con l’iman locale, non con l’intento di conquistare, di fare proseliti, ma per testimoniare amore. E questo fino alla sua morte atroce.

Lei, infatti, è stato sgozzato come un agnello nella chiesa dove per tanti anni ha celebrato la Messa, ha confessato, amministrato i sacramenti, annunciato la Parola di Dio. È stato scannato proprio mentre offriva al Padre il sacrificio del Figlio, “il sacrificio della nuova ed eterna alleanza”.

Dicono i giornali che lei abbia avuto il tempo di urlare al suo carnefice: ‘Vattene, Satana!’. Subito gli integralisti, i fondamentalisti ne hanno approfittato per lanciare anatemi contro tutti i Satana musulmani e per invocare la guerra santa. Io sono convinto, al contrario, che, nella sua umile carità, lei non ce l’avesse con il suo assassino, creato a “immagine e somiglianza di Dio” e, pertanto, capace di donare vita e amore, bensì a Satana “vero spirito” che abitava nel cuore di quel giovinastro. ‘Satana è un ottimista se pensa di poter peggiorare gli uomini’, ha detto uno scrittore austriaco. Infatti, gli uomini sanno fare meglio di Satana quando approfittano della libertà concessa a loro dal Creatore, quando sono irremovibili alla voce della coscienza, quando sono puntigliosi nel commettere il male, quando si accaniscono a vivere nel vizio. E non sono solo i musulmani. Talvolta abitano nella casa accanto a noi!

Lei, Padre, che per tanti anni ha ascoltato le confessioni di uomini e donne, sa che il Male esiste: è questo il Satana contro il quale lei ha lanciato il suo grido! Male e bene, peccato e grazia s’intrecciano nel cuore degli uomini; credere che Satana, cioè il male, non esista è proprio quello che egli spera: è la sua più grande astuzia! Satana, cioè il male, esiste e anch’io l’ho incontrato: dapprima mi sorride, mi seduce, mi ammalia, mi fa innamorare di lui. Poi mi stritola il cuore, mi annebbia la mente, mi impedisce di amare e di essere amato come vorrei.

Ecco perché non mi sono piaciuti i soliti manichei che ‘quando sono in debito con gli altri, pretendono la misericordia, quando invece sono in credito, invocano giustizia’ (Papa Francesco). Ciascuno di noi è colpevole, io sono colpevole, per aver allevato Satana entro di me, nella nostra società, in Europa.

Disancorati dalla fede in Dio, siamo andati a cercarci con cieca frenesia dei surrogati e i fanatismi nuovi si sono rivelati feroci e disumani. Il contributo che io, noi possiamo dare alla nuova Europa è essere noi stessi. L’identità cristiana, tanto sbandierata anche da atei devoti, è in difficoltà non perché ci sono troppi musulmani in giro, ma perché ci sono pochi cristiani veri, testimoni credibili, capaci di vivere la loro vita secondo la loro fede.

Ho conosciuto il suo vescovo: sandali ai piedi, taglia di un uomo che per tredici anni ha fatto l’arbitro per il campionato francese di calcio. Al momento del suo disumano assassinio, caro padre, egli era a Cracovia, in mezzo ai giovani. Li ha lasciati soli per rientrare precipitosamente in diocesi, ma prima, quasi unendosi al suo ultimo grido e a quello del salmo 129 ha detto: ‘Grido verso Dio assieme a tutti gli uomini di buona volontà. Mi permetto d’invitare i non credenti ad unirsi al nostro grido: non sottomettiamoci all’odio e alla violenza: non rappresentano una soluzione! Dobbiamo riconoscerci in questa società variegata. Accettiamoci tutti reciprocamente, conosciamoci gli uni e gli altri.’

Parole di perdono e di fraternità. Parole sensibili non alla ragione, ma al cuore. Questa è la nostra fede.’Tutto è grazia!’ fa dire Bernanos al curato di campagna. Infatti il suo sacrificio sta dando piccoli doni di grazia.

Dicono che per la telefonata ricevuta da papa Francesco, il laicissimo presidente della Repubblica Hollande si sia commosso soprattutto quando Francesco gli ha dimostrato di sapere che era nato a Rouen. Se il vescovo ha avuto parole di misericordia verso l’assassino, Hollande ha parlato di sicurezza e ha aggiunto: “Repubblica laica non vuol dire paganesimo!”: Capisce, padre Jacques? La sua morte è già motivo per sperare che lo stato laico riconosca la presenza corroborante delle chiese nella società francese. Lo ha riconosciuto anche Michel WieviorKa: “Come ateo, devo riconoscere che i responsabili religiosi, e soprattutto cattolici, hanno saputo trovare le parole capaci di realizzare l’unità nazionale”. Gli uomini politici, no. Della collaborazione tra stato e chiesa per salvare l’uomo hanno parlato il Papa e il Presidente nel loro recente incontro in Vaticano.

La fede, caro padre Jacques, lei lo sa, ha risorse per affrontare le tragedie perché non ha nemici da annientare o prigionieri da prendere, è sempre contro ogni violenza, contro ogni ingiustizia. Come lei aveva a cuore gli uomini, tutti gli uomini, così la fede non ha fame di conquista, di potere, ma fame di verità e di amore.

Dal Cielo ci aiuti ad amare la chiesa e l’uomo, lei che ha gridato, in modo credibile, che il male esiste e che va combattuto solo con l’amore.

En vraie communion, votre Edoardo Zin

 

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