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Cultura

VARESE GRANTURISMO

SERGIO REDAELLI - 23/11/2017

 

Se dovessi venire a vivere in Italia sceglierei Varese”. L’asso del ciclismo Eddy Merckx lo disse dopo aver vinto la Tre Valli Varesine nel 1968, probabilmente addolcito dall’assegno di un milione di lire che gli fu messo in mano dopo la vittoria. Certo quelle parole, pronunciate dal “cannibale” quattro volte campione del mondo su strada, vincitore in carriera di 525 corse ciclistiche, di ventinove classiche, cinque Tour de France, cinque Giri d’Italia, una Vuelta e due Giri di Lombardia, furono una bella pubblicità per la Varese turistica.

I soldi a volte sono necessari per ottenere i grandi risultati e c’è stato un tempo in cui Varese disponeva di tanti quattrini e di un’ottima promozione turistica. Non parliamo della solita Varese liberty d’inizio ‘900 ma di un tempo molto più recente, gli anni Cinquanta e Sessanta, quando il direttore dell’Ente Provinciale del Turismo, Manlio Raffo, portava a Varese i personaggi della tivù, ingaggiava i divi di Cinecittà e richiamava i grandi pittori ad affrescare i muri di Arcumeggia.

Varese faceva concorrenza al Lido di Venezia e al mitico tappeto rosso di Cannes. Tra il 1953 e il 1955 ospitò tre edizioni delle Settimane Cinematografiche e presentò in anteprima mondiale il film La Strada di Federico Fellini. Altri tempi, purtroppo. Il teatro Impero si riempiva di folla trepidante in attesa di Sofia Loren, i cinefili facevano la fila per vedere il divo di Hollywood Ernest Borgnine (in realtà si chiamava Ermes Borgnino ed era di origine italiana) e i fans varesini accorrevano in massa ad applaudire il giovane Mike Bongiorno in trasferta dagli studi Rai di Milano.

L’uomo che aveva le idee era mio padre Manlio – rivendica con orgoglio Mauro della Porta Raffo, giornalista e scrittore – Oltre alle settimane del cinema organizzò Le Noci d’Oro, rassegna itinerante da Angera a Porto Ceresio, Marzio, Duno e Viggiù che andò avanti a premiare, fino alla metà degli anni Settanta, gli astri vecchi e nuovi dello spettacolo, Gina Lollobrigida, Corrado Pani, Umberto Orsini, Cino Tortorella, Marisa Allasio e tanti altri. Durante l’anno allestiva ai giardini pubblici la mostra internazionale canina e il festival dei canti di montagna e ricordo che nelle frizzanti notti primaverili, il pubblico si scaldava sull’erba con il plaid”.

Un passato glorioso che nessuno è stato più capace di riproporre. Per quale motivo? “Tutto è finito negli anni Settanta con il passaggio delle competenze turistiche alle Regioni. Fino a quel momento gli enti del turismo e le aziende di soggiorno avevano lavorato benissimo sotto il diretto controllo ministeriale. Disponevano di finanziamenti e ogni tre mesi gli ispettori nominati dai dicasteri del Tesoro, del Turismo e degli Interni venivano a controllare i conti. Tutto funzionava a meraviglia. C’erano le idee, i soldi per finanziarle e le capacità di gestirli in autonomia. Con l’accentramento regionale, tutto si è perso nei meandri della politica”.

Raffo allarga le braccia sconsolato. “Senza nulla togliere a iniziative estemporanee come il recente Festival del Paesaggio che è durato lo spazio di una settimana, le programmazioni allora erano annuali. Varese è sempre stata un luogo di villeggiatura e di soggiorno, non di vacanza mordi e fuggi. I consigli direttivi degli enti che si occupavano di promuovere il turismo erano composti dai ristoratori, dagli albergatori e da tutte le categorie coinvolte. I soldi arrivavano anche con l’imposta di soggiorno e ce ne era abbastanza per finanziare nuovi impianti ricettivi come il palazzetto di Cuvio e concedere mutui agevolati per aprire pensioni e trattorie. Con il sostegno delle banche”.

Fu allora che Manlio Raffo e il suo consulente culturale Piero Chiara ebbero un’idea brillante: rilanciare ad Arcumeggia l’antica consuetudine degli emigranti che, tornando in Valcuvia dopo una vita passata nelle miniere francesi e belghe, dipingevano gli ex voto sui muri esterni delle case. Con la consulenza di Aurelio Morellato dell’Accademia di Brera chiamarono a raccolta i più bei nomi dell’arte, che non si fecero pregare. Arrivarono Remo Brindisi, Aldo Carpi, Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Gianfilippo Usellini, Luigi Montanarini, Giuseppe Migneco, Giuseppe Montanari, Enzo Morelli, Innocente Salvini, Sante Monachesi.

Fu la prima iniziativa del genere al mondo. Gli artisti erano ospiti dieci giorni della Casa del Pittore e giocavano a carte al bar con gli abitanti. Arcumeggia divenne un luogo mondano, capitava d’incontrare Marcello Mastroianni e la moglie Flora in visita all’amico Remo Brindisi. Mauro della Porta Raffo, allora ragazzino, saliva ad Arcumeggia sulla Millecento di papà con il fratello Silvio e la mamma Annamaria: “Di Monachesi – sorride – ricordo una golosa variante della pasta alla Carbonara che fu chiamata appunto pasta alla Monachesi”.

I tempi cambiano, a volte ritornano. Oggi si discute di reintrodurre la tassa di soggiorno a Varese. Raffo sarebbe favorevole? Risposta: “Lo sarei senz’altro sapessi dove vanno a finire i soldi e come vengono usati. Ma non ci sono più gli enti del turismo di una volta”.

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