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Cultura

DONNE CHE VIAGGIANO

SERGIO REDAELLI - 07/12/2017

 

La prima fu Egeria, una scrittrice romana vissuta nel quarto secolo dopo Cristo, forse monaca, probabilmente nobildonna. Scrisse un Itinerarium in cui racconta il suo viaggio nei luoghi santi della cristianità, Gerusalemme, Antiochia, il monte Sinai, l’Egitto, la Giudea, la Samaria, annotando usi e costumi di popoli lontani. Il testo è rimasto sconosciuto fino al 1903 ed è considerato la prima guida di viaggio al femminile, non certo l’unica. Dopo Egeria tante donne hanno sfidato divieti, critiche e convenzioni della propria epoca per provare il brivido del viaggio e raccontarlo ai lettori.

Lo ha spiegato Rosalba Franchi, insegnante scolastica, giornalista e scrittrice di Rescaldina (suo il bellissimo “Sacri Monti d’Italia e Svizzera”, Macchione 2013, foto di Franco Restelli) festeggiando i venticinque anni del sito online www.viestoriche.net, che ha fondato e cura con il marito Dario Monti. Entrambi innamorati della montagna. Lui è un ingegnere esperto di carte storiche e appassionato di fotografia, lei studiosa delle fonti letterarie. Insieme hanno seguito itinerari di viaggi segnalati su antichi documenti, percorso ponti fuori mano, scoperto edicole votive, costeggiato sperduti muretti e mulattiere, visitato ruderi e castelli.

In un quarto di secolo hanno descritto le strade giubilari e le vie medievali dei pellegrini per Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostela, hanno studiato i luoghi dipinti nei fondali da Leonardo da Vinci e tracciato le antiche vie d’acqua lombarde, ricostruito i collegamenti viari nel contado del Seprio, i passi alpini d’alta quota e la colonizzazione walser, rivisitato località di celebri battaglie e seguito le tracce del diario di viaggio dello scrittore inglese Samuel Butler, spirito anticonformista e libero pensatore alla scoperta delle Prealpi varesine.

Dal sito, utile a studenti e appassionati, emerge il contributo fornito dalle donne di ogni età, in viaggio da sole o con i compagni. “Come Jemima Morell – racconta Rosalba – che scrisse il diario del primo viaggio organizzato inglese sulle Alpi svizzere nel 1863. L’alpinismo si era imposto come sport alla portata delle donne e conquistava giovani signore pronte ad affrontare viaggi pesanti, anche tre settimane senza cambiare abito, in condizioni inospitali, con la neve e la tormenta, chiuse nei rifugi alpini. Il diario della Morell rimase nel cassetto quasi un secolo prima di essere pubblicato nel 1940”.

“Sul monte Rosa s’avventurò a metà ‘800 lady Eliza Cole con il marito. Una donna decisa. Non la spaventava affrontare tragitti scomodi e pericolosi. Nel diario dà consigli sugli abiti e le calzature da indossare e i bagagli da portare, a chi volesse imitarla. Si era inventata un sistema di fili ed anelli agganciati alla gonna per sollevare il vestito quando le occorreva agilità per superare passaggi difficili. E aveva la lingua lunga. Criticava l’indolenza italiana, i ponti crollati e non ricostruiti e i traghetti piccoli e senza parapetti. Più o meno negli stessi anni Emma King, moglie del reverendo S.W. King, viaggiava a dorso di mulo con una speciale sella portatile che si ripiegava in valigia”.

Alla giornalista americana Elisabeth Robins si deve invece il resoconto, illustrato dai disegni del compagno Joseph Pennell, di un viaggio in tandem a tre ruote nel 1884 da Firenze a Roma. “Una donna che pedala dava scandalo e passando di paese in paese suscitava commenti imbarazzati e reazioni indignate. C’era addirittura chi parlava, fuori dai denti, di “un trucco del diavolo”. All’epoca circolava la diceria che andare in bicicletta provocasse infertilità alle donne. Qualche anno dopo, invece, Joseph ed Elisabeth tornarono in Italia e superarono dieci passi alpini in bici, di cui sei in meno di una settimana, da Chamonix allo Spluga al San Bernardino al San Gottardo.

Infine, la prima donna che scalò il monte Bianco. Era l’estate del 1838 ed Henriette d’Angeville, una francese residente a Ginevra, preparò la spedizione senza lasciare nulla al caso, guide, portatori, viveri e vettovaglie, compreso un piccione viaggiatore che portò la notizia a valle. Henriette documentò l’impresa dalla partenza a Chamonix al bivacco ai Grand Mulets, il Gran Plateau e la scalata dal Muro di ghiaccio alla vetta. Per varie traversie, il diario fu pubblicato solo nel 1986. “All’epoca invece – annota Rosalba – un giornale svizzero commentò che il monte Bianco doveva sentirsi umiliato perché la cima era stata calpestata da un piede femminile, per giunta francese”.

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