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Opinioni

MONTANELLI/2 MUTEVOLE

CESARE CHIERICATI - 18/06/2020

statuaImbrattare la statua di Indro Montanelli, al fine di promuoverne in qualche modo la rimozione dai giardini di Milano a lui intitolati, è stato un gesto di intolleranza e di fanatismo che nulla a che vedere con la democrazia e che per certi versi ne è la negazione. Una grandissima” bischerata “l’avrebbe giudicata lui, con lo stesso sostantivo utilizzato per respingere la proposta del sindaco Albertini – anni novanta- che voleva dedicargli una piazza, una strada, un giardino pubblico, un monumento. E una solenne bischerata resta ovviamente il gesto di chi ha cercato di liquidare, illudendosi alla grande, con vernice rossa e spray nero la memoria di un giornalista di prima grandezza, un fuoriclasse che molto ha dato al giornalismo italiano, un personaggio, comunque lo si giudichi, fuori dal comune.

Montanelli era un uomo e come tutti ha compiuto scelte buone ed altre meno buone. Tra le meno buone ci fu di sicuro quella di prendere come sposa, secondo i costumi dei luoghi condivisi peraltro dal Regio esercito sabaudo, una ragazzina di dodici/tredici anni. L’allora sottotenente, impegnato nella guerra di aggressione all’Etiopia al comando di un reparto di ascari eritrei, si rese poi conto dell’anacronismo di quella relazione ma non negò mai la poco onorevole vicenda raccontata nel libro “XX battaglione Eritreo”, una sorta di diario della sua avventura coloniale che gli valse l’ingresso al Corriere della Sera.

Pur avendo partecipato ad alcune azioni militari cruente contro villaggi etiopici, Montanelli accreditò sempre la tesi di una guerra coloniale leggera, “una bella vacanza” come scrisse allo stesso Mussolini ringraziandolo per l’opportunità. Le cose andarono invece molto diversamente come hanno dimostrato, con un lavoro di tenace ricostruzione documentale, alcuni storici italiani e stranieri. Primo tra tutti Angelo Del Boca, autore di monumentali ricerche sulle guerre italiane in Africa Orientale tra cui nel 2005 “Italiani brava gente? – Neri Pozza editore”, un libro che ha messo una pietra tombale su un mito duro a morire, quello appunto degli “italiani brava gente” a prescindere.

Un mito che Montanelli alimentò su giornali e riviste varie per più di mezzo secolo sostenendo che le truppe italiane, durante la guerra coloniale d’Etiopia, non commisero particolari crimini e soprattutto non impiegarono armi chimiche. Lui combattente sul posto affermava infatti di non aver mai visto un abissino soccombere ai gas. Si arrese all’evidenza della storia solo dopo sessant’anni, il 7 febbraio 1996, quando in Senato l’allora ministro della difesa Generale Domenico Corcione, in risposta ad alcune interrogazioni dichiarò che “nella guerra italo-etiopica furono impiegate bombe d’aereo e proiettili d’artiglieria caricati ad iprite ed arsine, e che l’impiego di tali gas era noto al Maresciallo Badoglio (e dunque a Mussolini ndr.) che firmò di suo pugno alcune relazioni e comunicazioni in merito”.

Sei giorni dopo il giornalista di Fucecchio sul Corriere della Sera riconobbe che i “documenti gli davano torto” scusandosi con Angelo Del Boca con il quale, sull’argomento, aveva imbastito una trentennale dura polemica. Il suo fu un grave sbaglio sul piano storico. Tuttavia quell’ostinazione africana non oscurò le sue straordinarie doti professionali. Nell’inverno primavera 1939 –’40 raccontò dalla parte dei finlandesi, con grande coraggio, l’impari guerra contro i sovietici al momento alleati dei nazisti dopo la firma del patto Ribbentrop – Molotov.

E come non ricordare le sue corrispondenze dall’Ungheria invasa dai carri armati sovietici nell’ottobre – novembre del 1956. Fu il primo a scrivere che i dimostranti magiari lottavano semplicemente per una maggiore libertà e per una svolta democratica che li affrancasse dalla pesante colonizzazione politica ed economica praticata ai loro danni dall’Urss.  E che dietro i dimostranti non c’era nessuna forza straniera interessata a destabilizzare il Patto di Varsavia come sostenevano alcune testate italiane di sinistra. In quelle appena ricordate e in tante altre circostanze Montanelli è stato un acuto testimone del suo tempo, ma anche un uomo che quasi sempre ha saputo ammettere i propri errori. Per questa ragione la gratuita furia distruttiva che si è abbattuta sul suo monumento milanese oltre che antistorica è semplicemente ridicola.

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