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Lettera da Roma

MIRACOLO A SAN PIETRO

PAOLO CREMONESI - 24/12/2011

 

Il capriolo zampettò incerto e impaurito alla porta del rifugio. Guardando prima a destra e poi a sinistra, cominciò cauto a leccare la pozzanghera. “Scendono a valle a cercare acqua” pensò Antonelli, storico guardiano del Parco di Pescasseroli. Non nevicava e nemmeno pioveva da settimane. Non solo in Abruzzo ma anche in Trentino, in Valtellina, in Sila.

A Champoluc in Val d’Aosta, gli stambecchi erano giunti a pochi metri dal paese. “Mai visto” raccontavano i vecchi del posto. Non nevicava più. Gli esperti e i meteorologi si accapigliavano nei salotti di Porta a Porta, Ballarò, Matrix o a Radio anch’io. “Colpa dell’effetto serra e dei combustibili fossili e dell’ accordo truffa a Durban” affermavano alcuni. “Falso – replicavano altri – : l’anno più caldo dell’ultimo secolo in Italia è stato il 1937: cosa c’entra l’anidride carbonica?”.

E intanto, mentre i conduttori così pieni di sé annuivano, ammiccavano, contestavano garbatamente (un occhio alla cravatta giusta…) non nevicava più. A Bormio, a Madonna di Campiglio, ma anche a Ovindoli si suppliva con la neve artificiale.

Non nevicava più. Gli agricoltori cominciavano a preoccuparsi. Il turismo invernale invocava lo stato di crisi e a Palazzo Chigi un Governo irato con il Padreterno perché loro, insomma, così bravi, perché non faceva nevicare, pensavano già alla tassa n. 102 “Pro fiocco”. Nelle Chiese la CEI organizzava ecumenici concerti di Natale per chiedere a Dio la grazia della neve. “Ecco un tema – pensavano soddisfatti i cardinaloni – su cui davvero tra religioni si può andare d’accordo: non nevica più”.

Anche a Piazza San Pietro il grande presepe allestito sembrava più triste di altri anni. Davanti alle statue dell’800 di Vincenzo Pallotti si affacciavano adulti e bambini. Sotto braccio grandi pacchi colorati, i ragazzi gettavano monetine e uno sguardo distratto al Bambinello. “Papà per Natale voglio un nuovo Iphone4, il Nokia che fa i filmati, il Woolrich”. Sempre di corsa, sempre pronti a sedersi davanti a uno schermo piccolo o grande che fosse. Mai stupiti, mai capaci di alzare uno sguardo verso il cielo. Anche se da lì non scendevano fiocchi.

Tra i tanti soltanto un bambino, giacca a vento strappata, sciarpa della Roma dono della Caritas, guardava la realtà come se fosse… reale. Hassan era sbarcato a Lampedusa tre mesi fa insieme con altri quaranta somali, in fuga da una sanguinosa guerra civile. Da lì attraverso varie peripezie aveva raggiunto la capitale. I genitori si arrangiavano dando una mano in una pizzeria al taglio. Lui forse un giorno sarebbe andato a scuola. Aveva in mano il suo unico giocattolo portato da Mogadiscio. Un piccolo cavallo nero, inciso nell’ebano, dono di un fiero guerrigliero ‘Janjawid’. “Portalo al capo del paese dove giungerai” gli aveva raccomandato il tuareg spronando il suo cavallo, quello vero.

E lui, un po’ quelle luci colorate, un po’ la gente in fila che gettava monetine davanti al Presepe, pensò che, forse, quello era il re cui rendere omaggio. Cui donare la sua unica ricchezza. Questione di un attimo. E il cavallino volò, confuso tra gli euro, cadendo sulla rete antistante.

Questione di un attimo. Il capriolo alzò di scatto la testa verso il cielo annusando i fiocchi. E Antonelli guardò in alto e sorrise. A Champoluc il sindaco Fosson fece suonare le campane della chiesa.

Da lassù senza tanto clamore cominciava a nevicare.

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