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Cara Varese

L’INVADENZA DI ARPAGONE

PIERFAUSTO VEDANI - 12/12/2014

sanitàAi dirigenti medici di ospedali della Lombardia verrebbero sussurrate direttive o raccomandazioni perché anche nei reparti e nelle corsie si contribuisca alla lotta per il contenimento delle spese, antico male della sanità italiana che sta minando il mito della sanità formigoniana, presunto primato nazionale sbandierato da anni.

Anche su un altro fronte, ma non è una novità per i varesini, si abbassano le saracinesche: i luoghi di cura e assistenza gestiti dai privati non possono più erogare i servizi, per i quali erano stati accreditati dalla Regione, qualora sia stato raggiunto il massimo del budget annuale concordato. Conseguenza del veto l’allungamento dei tempi di attesa nelle strutture pubbliche, quindi un danno per i cittadini.

È però singolare e per certi versi preoccupante l’intervento, di tipo contabile-amministrativo, nella sfera dell’attività dei medici, nella cura della salute dei cittadini.

Che i cultori della scienza di Arpagone o Scrooge in tempi di crisi conquistino la ribalta va accettato, stupiscono però i loro eccessi. È vero, sono prudentissime le raccomandazioni ai medici su aspetti finanziari della gestione dei reparti, ma il rischio, l’incidente, l’imprevisto, la fatalità sono in agguato anche in un normale e tranquillo percorso di cura, nel rinvio di una prestazione di routine o dell’ utilizzo di tranquilli sistemi e mezzi di cura.

Questi “risparmi”, suggeriti evidentemente per rispettare traguardi di bilancio, presentano anche discutibili aspetti etici e professionali e hanno rischi giuridici anche per chi li propone. E rischi politici.

A Varese già si è sbagliato molto nella sanità sottraendo alla comunità duecento posti letto che erano stati garantiti all’apertura del nuovo monoblocco, che ne prevedeva settecentocinquanta; poi il sogno del nuovo Del Ponte, un costo notevole, un traguardo oggi forse non più raggiungibile a causa della crisi. E anni di polemiche, di disagi inflitti ai cittadini e al personale del Pronto Soccorso, anni di miniaturizzazione dei reparti, di difficoltà in campo accademico.

Appartengo a una generazione che ha visto nascere un ottimo ospedale gestito da grandi varesini, che magari parlavano in dialetto, ma amavano e servivano davvero la comunità. Oggi sono varesini i vertici regionali, ma dell’amore, dell’attenzione del passato non sembrano portatori. E lasciamo perdere la capacità dell’ opposizione di rappresentare a Milano la nostra terra.

Il futuro? Per quello che Varese ha avuto nell’ ultimo quarto di secolo e ha oggi dai Silvio Boys e dal Duo Matteo abbiamo una via d’uscita: la secessione. Da Milano.

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