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Editoriale

DIO CHE SALVA

ROMITE AMBROSIANE - 23/12/2015

botticelliAlla nascita di un bimbo tutti domandano qual è il suo nome e la risposta ci rende il nuovo arrivato già familiare. Sappiamo che la domanda è scontata, ma fatecelo chiedere lo stesso: come si chiama il Bimbo di Giuseppe e Maria? Non “Giuseppe” secondo il buon senso del tempo; altro era il Padre delle cui cose il piccolo avrebbe dovuto occuparsi… Non “Emmanuele” il “Dio con noi” secondo la profezia di Isaia… Del resto il nome non fu scelto dai genitori, ma accolto come dono, come già un dono assolutamente gratuito fu quel Bimbo. Non fu concorso d’uomo, ma l’opera dello Spirito Santo a generarlo in Maria e ugualmente, in modo casto, senza brama di possesso, nella piena consapevolezza di non essere gli artefici di quella vita, gli fu dato il nome.

Un nome che è la chiave per accoglierlo, un nome che ci deve spalancare le braccia – e non solo – per prendere tra noi questa nuova vita. Cantiamo infatti così: Suscepimus, Deus, misericordiam tuam, in medio plebis tuae, secundum nomen tuum [Accogliamo, o Dio, la tua misericordia, in mezzo al tuo popolo, secondo il tuo nome]. Il suo nome è forse allora “misericordia”? Non proprio… e neanche “Emanuele” abbiamo detto. Però sappiamo che quel nome ci dirà come accoglierlo, cosa domandargli, che spazio fargli in noi e forse anche chi siamo noi dinanzi a Lui. Del resto già i suoi santi genitori, lungi dal scegliere il suo nome, quasi l’hanno ricevuto loro da Lui ricordati come sono accanto a Lui, come padre e madre suoi o, addirittura, per Dante, come “figlia del tuo figlio”.

Qual è il suo nome, allora? Già Mosè, l’amico di Dio, l’aveva chiesto e aveva conosciuto un nome impronunciabile che diceva una presenza che mai vien meno e accompagna presente, passato e futuro. Poi, quando vide Dio di spalle, comprese il modo di quella presenza e, dopo il grande peccato del vitello d’oro, poté ancora seguirlo, andargli dietro – alle spalle, appunto – con il popolo. Dio infatti è “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco d’amore e di fedeltà” (Es 34, 6).

Qual è il suo nome? Ci risponde Maria nel Magnificat dove con il nome ci rivela come accogliere il Bimbo nato per noi: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta di Dio mio salvatore” (Lc 1, 46 – 47).

“Magnifica”, rende grande, ma come si può rendere grande Dio? Eppure Maria l’ha nutrito di sé, l’ha cresciuto e gli ha dischiuso il mondo…

Ma anche “esultare in Dio” non è cosa facile: bisogna essere in Lui, dimorare in Lui, essere dentro il suo disegno…

Qual è dunque quel nome che ci permette di accoglierlo così? Ce lo ha detto Maria: “Dio mio salvatore”, Gesù, “Dio salva”. Sì, Dio salva e può divenire sempre più grande, può crescere in noi e intorno a noi, quanto più lo facciamo essere nostro salvatore, quanto più lo nutriamo del nostro essere domanda di salvezza, quanto più gli dischiudiamo il mondo della nostra vita, delle nostre relazioni, della nostra città perché vi entri come salvatore, quanto più lo facciamo entrare nei nostri pensieri, nei nostri affetti, nei nostri gesti, nelle nostre scelte. Sì, Dio salva, e noi possiamo entrare nella sua salvezza ed esultare in Lui, possiamo portargli tutto di noi e dimorare in Lui prima di essere perfetti, senza difetti o ferite… quanti pochi sono i luoghi, le relazioni, gli incontri in cui possiamo essere totalmente noi stessi senza maschere né divisioni: lì c’è esultanza!

Il suo nome è “Dio salva”: allora veramente “accogliamo, o Dio, la tua misericordia in mezzo al tuo popolo”.

 

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