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Chiesa

MODELLO MARIA

EDOARDO ZIN - 15/12/2017

annunciazioneLa neve velava tutta la strada. La donna incinta avanzava lentamente, quasi sembrava restar ferma, anche se muoveva con difficoltà le gambe. Procedeva con prudenza. Col suo carico in grembo e una grossa sporta in mano protendeva la mano verso il muro della casa per reggersi. Un giovane passante si diresse verso di lei, si offerse per prenderle la borsa. “Grazie!” gli rispose la donna. Si avviarono assieme verso una stradicciola buia, il giovane l’accompagnò fino alla porta di casa. Io la persi di vista. Il giovane si allontanò: forse un germe di vita era stato salvato grazie ad un atto di delicatezza. Cronaca bianca di pochi giorni fa in una strada di periferia della nostra Varese. Un atto di gentilezza che diventa motivo di speranza.

È lo stesso atto di delicatezza che cogliamo nell’Angelo annunciante a Maria che diverrà madre. Madre di Dio. Una delicatezza di lirismo mistico nell’Angelo del Beato Angelico dalle ali colorate: sembra scusarsi – mani incrociate sul petto – per disturbare la giovinetta Maria di una bellezza soffusa; delicatezza ingiunta dall’Angelo che ammiriamo nella prima cappella del nostro Sacro Monte: mano destra alzata, anulare lanciato verso l’alto quasi ad indicare che il concepimento è volontà di Dio; delicatezza decisa, quella del Lotto, di un Padre che irrompe come una folgore nella stanza di Maria, la turba e fa fuggire perfino un gatto sgomento.

 La scena è sempre la stessa. Una casa semplice anche se resa attuale nella moda del tempo: le ciabatte vicino al letto, pochi piatti, un inginocchiatoio, l’animale di casa. Il luogo del Mistero è impensato, come è inatteso l’annuncio a una giovane fanciulla – il mio amico biblista dice che avrà avuto quattordici anni – che vive in un villaggio sconosciuto, ai margini della terra d’Israele. Così è improvviso e imprevisto ogni nostro incontro con Dio, così ogni evento con Lui è ai margini, non al centro. Anche il popolo d’Israele lo aspettava potente, lo vedeva vistoso seduto sul trono quando i cieli si sarebbero squarciati ed egli sarebbe venuto. E invece il Padre sceglie per il Figlio il grembo di una donna, irrompe nella sua intimità, nella profondità del suo cuore.

Un anziano prete mi spiegava, durante l’omelia della Messa dell’Immacolata, che il cuore di Maria era così pieno di Grazia che il peccato dell’origine, che tutti ci portiamo addosso, in lei non poteva entrare: non c’era posto in lei per la colpa tanto il suo cuore era sovrabbondante di Dio. Il cuore della giovane fanciulla di Nazareth non aveva quella ferita. Io, ogni uomo e donna, noi tutti abbiamo un cuore che è il luogo non solo dei sentimenti, ma della libertà, e dunque della volontà, che suggerisce di ascoltare Dio e la sua Parola o di rifiutarla. Il cuore luogo della memoria custodisce anche i ricordi, i fatti, le parole delle persone che ci hanno preceduto o di coloro che ancora oggi vivono con noi. Ed è nel cuore che custodiamo le nostre gioie e i nostri dolori, le nostre speranze e i nostri timori, le nostre debolezze e le nostre potenzialità.

Quand’ero bambino e domandavo perché le mie zie avessero il pancione, chi mi stava attorno si dava delle occhiate e cercava di sviare il discorso. Da ragazzo, quando facevo il chierichetto, mi chiedevo perché le novelle mamme, passati i quaranta giorni, venissero alla porta della chiesa, benedette e portate davanti all’altare di Sant’Anna dove venivano coperte da strani esorcismi. Da adolescente, guardavo le donne gravide come portatrici in pubblico di situazioni peccaminose. Da giovane, pensavo alla maternità come ad un atto sessuale: lui, lei, la notte, la luna, uno sguardo, un sospiro, un abbraccio. C’è voluto tutto l’arco della mia vita per comprendere che una nuova vita è un dono e contemporaneamente un aiuto all’inventore del mondo – padre una volta, padre due, padre tre, nonno una volta, nonno due, nonno tre volte (e quest’ultima volta tenevo le veci del padre lontano da casa, nell’altro emisfero, ed io ero lì, in una fredda alba ancora stellata del 1° dicembre, in un piccolo villaggio sperduto della Savoia, su un’ambulanza dei pompieri a vedere nascere un cucciolo d’uomo indifeso e immortale!). Ogni nuova vita – mi ricorda Tagore – è la prova che Dio non si è stancato degli uomini. E ogni vita mi ricorda la tenerezza che un padre e una madre versano su di un bimbo che sono riusciti a generare, dopo il travaglio dei mesi e dopo notti insonni passate ad arzigogolare sui sacrifici che li aspettano.

Non fatico a pensare alle difficoltà che incontrano due innamorati desiderosi di ampliare il loro amore – e che si sforzano di essere fedeli a questo amore – nel dare alla luce ciò che Dio ha creato. E penso a quegli uomini e donne che pretendono la visita di Dio nel ricongiungimento dei loro corpi, ma Dio rimane sordo alla loro richiesta. Non si rassegnano e si rifugiano nella tecnica così ottusamente amministrata da una scienza che pretende di non avere confini o da economia che spasima nel poter tutto produrre col danaro. Ormai si specula su tutto. Anche sulla gratuità di una nuova nascita. E allora il pensiero corre a quelle coppie che cercano gli innocenti fra gli abbandonati e i perduti per dare loro amore, sapendo che potrebbe essere non ricambiato, e che accolgono, accarezzano, consolano, educano nella loro casa.

Come faccio a non pensare a Maria, la mamma del mio Signore? Me l’hanno presentata silenziosa, fedele, caratterizzata dal nascondimento e dal silenzio. Me la hanno presentata come un modello di femminilità, assurto a modello sociale, oggi problematico per molti. Sembra quasi che l’interiorità di Maria venga espressa nell’acquiescenza, nel confinamento tra le mura domestiche. Se penso al “Magnificat”, all’inno che Maria innalza a Elisabetta, sua parente, mi pare che Maria sia tutt’altro che silenziosa. Entra nella storia del mondo dove il braccio onnipotente di Dio farà traballare i potenti, disperderà i superbi, innalzerà gli umili, darà cibo abbondante agli affamati: dove l’occhio umano incontra problemi, lei con la sua fede audace aiuterà il Figlio a sconvolgere il mondo.

Accanto ai valori della gentilezza, della delicatezza, della tenerezza, dell’umiltà, dell’interiorità c’è il coraggio della fiducia in Dio. Anche l’uomo, pur conservando il suo carattere virile, temprato alle difficoltà, resistente allo scoraggiamento contribuisce a portare a maturazione con uguale tenerezza chi gli è affidato completando ciò che manca alla donna, anzi praticando la convergenza del maschile e del femminile, al fine di praticare l’umanità che hanno in comune, contribuendo così tutti e due a corredare la terra di un tentativo in più: quello di migliorarla.

Quella donna incinta che ho visto passarmi vicino, aiutata da un passante generoso, partorirà un figlio che appartiene al disegno di Dio. In qualche modo assomiglierà a Maria, a Santa Maria, la madre di Dio.

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