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Artemixia

LE ALI DI PAGLIA

LUISA NEGRI - 12/02/2021

 

Come raccontare in modo nuovo la dimensione umana, artistica e spirituale di Frida Kahlo (1907-1954), figura centrale dell’arte messicana, sicuramente la pittrice latinoamericana più celebre del XX secolo?

A provarci sono stati Antonio Arévalo, Alejandra Matiz, Milagros Ancheita e Maria Rosso, curatori di “Frida Kahlo Il caos dentro” un percorso immersivo che gli stessi definiscono sensoriale, tecnologico e spettacolare.

Voluta da Navigare, con il Comune di Milano, in collaborazione con Museo Estudio D.Rivera e F.Kahlo, Fondazione Leo Matiz, Consolato del Messico Milano, Banco del Messico, Galleria Oscar Roman e Detroit Institute of Art, la sorprendente rassegna dedicata a Frida ha appena riaperto i battenti a La fabbrica del Vapore, dopo lo stop imposto dal Covid in autunno.

Per quanti non ne avessero avuto ancora l’occasione, sarà dunque possibile incontrare il mondo poetico di Frida fino al 5 maggio.

Per parlare di lei non si è semplicemente lasciato scorrere il filo rosso della storia di una vita, che ha conosciuto tappe molto diverse, spesso drammatiche. Dalla difficile infanzia e adolescenza, segnate la prima dalla poliomielite con conseguente malformazione a una gamba, la seconda da un grave e invalidante incidente stradale, alla vita affettiva e di coppia, scandita a sua volta da amore e dolore, gelosia e tradimenti reciproci.

Il matrimonio e il legame appassionato, indissolubile con Diego Rivera, notissimo muralista messicano, fu funestato da tre aborti. Il fisico troppo debole le impedì ogni volta di portare a termine la gravidanza. Ci furono poi anche i tradimenti di Diego. Tollerati fino al più ignobile, quello con la sorella di lei, seguito dal divorzio nel 1939. Ma già nel ’40 Frida, neppure lei troppo fedele e sempre innamoratissima di lui, lo risposò. E abbozzò con ironia: “Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo quando un tram mi mise al tappeto, il secondo fu Diego”.

Si è fatto ricorso in mostra, fin dalla prima sezione, intitolata “La camera dei sogni”, a conoscenze multimediali: con immagini animate, e la cronistoria filmica delle date più significative della biografia di Frida, per passare poi alla vera e propria ricostruzione degli ambienti di Casa Azul, oggi museo, dove lei visse dapprima con la sua famiglia e poi con Diego. La dimora di stile francese, costruita nel 1904 da Guillermo Kahlo, è riproposta qui nelle due principali stanze, la camera da letto e lo studio, L’universo creativo. In cui è compreso anche l’amato giardino: per Frida vera oasi di libertà, di riposo e ispirazione poetica. Si aggirava, tra i fiori e gli animali-le scimmie e i pappagalli accuditi e risanati- con totale dedizione.

Ci sono oggetti particolari che attirano la vista del visitatore: come il letto a baldacchino con lo specchio, nella camera da letto, o la sedia a rotelle, in attesa nello studio. Che le permetteva di spostarsi quando i dolori la opprimevano e ne impedivano la deambulazione. Lo specchio fu invece messo dai genitori dopo l’incidente. Vittima a diciotto anni di uno scontro tra un tram e l’autobus su cui rientrava da scuola, fratturata in ogni parte del corpo, operata infinte volte, rimase a letto, ingessata, per un tempo lunghissimo. Chiese di dipingere e leggere, e, guardandosi allo specchio collocato, si fece il primo autoritratto. Fu l’incipit di una lunga serie, di quel personalissimo rosario pittorico di misteri gaudiosi e dolorosi, che l’ha resa immortale. Di quella esplicitazione cromatica e segnica di un caos interiore che era conseguenza diretta delle fratture fisiche e morali, delle ferite apertesi in un corpo e in un cuore trafitti e bersagliati dalla più spietata delle sorti. Nella stanza, e presso quel letto dove vita e morte si sono scontrate più volte -sino alla fine, era il 15 luglio 1954- sono custodite anche la maschera mortuaria e l’urna cineraria di Frida a forma di rana.

Segue a questa prima parte la sezione fotografica I colori dell’anima, dove l’artista è raccontata nella sua quotidianità dagli scatti di Leonet Matiz Espinoza (1917-1998), amico di famiglia e famoso fotografo colombiano che l’ha resa immortale. Sono ineguagliabili i ritratti, eseguiti con la famosa Rolleiflex, di lei in giardino, nella vita domestica, nelle passeggiate di quartiere, o al lavoro nello studio. Indimenticabili le sue fogge, gli abiti (in primis il tehuana di Oaxaca), gli sguardi ‘rubati’ da Leonet che dipingono la pittrice. A illustrarli in un video è Alejandra Matiz, figlia del fotografo e curatrice di questa sezione.

Al secondo piano espositivo si entra ancor più nell’intimità, attraverso un’altra sezione dedicata a Diego: amico, amante e sposo. Le lettere più evocative scritte da Frida al consorte sono proiettate e lette per il visitatore in lingua originale. Accanto, un’intera stanza, La Stanza del curatore calda di colori riporta alla cultura e all’arte popolare messicana, con esempi di abiti, gioielli (anelli, bracciali, orecchini e quant’altro) e indumenti vari. Oggetti e abbigliamento cui Frida si ispirava nella quotidianità: sia nel suo estroso modo di vestire e ornarsi, che fece di lei anche una icona della moda, sia nei suoi ritratti che tanta originalità rappresentano.

L’uso del colore nella pittura di Frida, che esprime una joie de vivre indiscutibile, contrasta con la narrazione della sua esistenza difficile, rivelando tutta la potenza di un carattere indomito, che fece di lei non solo l’artista riconosciuta da tutti ma anche un esempio di emancipazione femminile. Lo attestano i vasti interessi della sua vita, i suoi legami, anche affettivi, con uomini importanti e donne note e impegnate, come Andrè Breton e Tina Modotti. Fu interessata e presente anche alla politica. Aveva ereditato e fatto propri i valori della rivoluzione messicana e della cultura popolare cara al padre di lei, fotografo e pittore di radici ebraico tedesche, nato in Ungheria e emigrato in Messico. E lo dimostrò al momento opportuno, sostenendo e soccorrendo i perseguitati politici.

Quanto alle opere di Frida, sono in mostra nella sezione Frida e il suo Doppio le riproduzioni in formato modlight di quindici tra i più noti autoritratti realizzati nel suo percorso di vita: Autoritratto con collana, del ’33, A. con treccia, del ’41, A. con scimmie, nel ’45, La collana spezzata, nel ’44, Il cervo ferito nel ‘46, Diego ed io, nel 1949.

Nonché l’opera originale Piden Aeroplanos y les dan Alas de Petate (chiedono aeroplani e gli danno ali di paglia), da lei dipinto nel 1938, ricordo di una delusione subita, un aeroplanino mai avuto in dono, e sostituito da due ali posticce in paglia messe sulle sue spalle. Le ricordava come simbolo imposto, dalla superficialità adulta di sua madre, alla sua impossibilità di volare, da bambina claudicante, con le proprie ali. Accanto sono sei litografie acquerellate di Diego Rivera.

E si possono avvicinare anche gli splendidi, imponenti murales di Diego, proiettati nella loro interezza o in alcuni particolari. Sono i 27 pannelli murali realizzati a Detroit (’32), San Francisco (’40) e Città del Messico (Sueno de una tarde dominical en la Alameda Central).

La presenza di una straordinaria collezione di francobolli di stati diversi dedicati a Frida conferma la notorietà dell’artista messicana nel mondo.

Un video ad altissima risoluzione, con suoni ed effetti speciali di realtà aumentata, conclude la rassegna davvero spettacolare.

A definirci il senso della autobiografica pittura di Frida soccorrono le sue parole: “Dal momento che i miei soggetti sono stati sempre le mie sensazioni, i miei stati mentali, e le reazioni profonde che la vita è andata producendo in me, ho di frequente oggettivato tutto questo in immagini di me stessa, che erano la cosa più sincera che io potessi fare per esprimere ciò che sentivo dentro e fuori di me”.

Con questa pittura di genuina drammaticità l’ex bambina malata, dalle ali di paglia, l’artista amata e più volte ferita, ha lavorato senza tregua dal 1926 al 1954.

Le sue opere sono state esposte nei musei del mondo, coi massimi artisti del suo tempo. Tra loro erano anche Kandinsky e Picasso.

Fabbrica del Vapore
Milano, Via Procaccini fino al 5 maggio 2021
Da lunedì a venerdì 9.30-19.30
prenotazioni@mostrafridakahlo.it 3518403634

 

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