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Editoriale

LA “SCANDALOSA SOBRIETÀ”

CESARE CHIERICATI - 04/05/2012

Nell’ora delle ricorrenti malversazioni pubbliche e private bipartisan e della disinvoltura ostentata e rivendicata nei comportamenti personali, sembra passato un secolo da quando, la vigilia di Sant’Ambrogio del 2009, l’allora Cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi fece un discorso che destò scandalo e gli alienò in maniera definitiva le già scarse simpatie di ampie fasce dell’opinione pubblica milanese e lombarda, compresi alcuni settori del mondo cattolico. Fu il discorso consegnato alla storia del suo mandato cardinalizio come quello della “sobrietà” ripreso, qualche settimana più tardi, anche in una affollata serata varesina.

Le intemperanze senescenti da fine impero di Berlusconi non erano ancora affiorate. Non erano alle viste né gli avvisi di garanzia all’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, né quelli al tesoriere della ex Margherita Luigi Lusi, tanto meno gli spericolati investimenti dell’altro allegro tesoriere, quello della Lega Nord Francesco Belsito. E neppure si parlava ancora dell’incredibile vicenda dell’Ospedale San Raffaele e meno che meno della Fondazione Maugeri, dell’ex assessore regionale ciellino Antonio Simone, del faccendiere Pierangelo Daccò e della sua “generosa” e balneare amicizia col presidente della Lombardia Roberto Formigoni. Insomma non c’erano avvisi ai naviganti, il Cardinale non mise le mani avanti per cautelarsi in qualche modo da qualcosa o da qualcuno. Si limitò a richiamare con limpida fermezza principi elementari per chi crede e anche per chi, magari non credente, reputa tuttavia possibile la costruzione di una società fondata sulla legalità, l’onestà, il rispetto e la convivenza solidale.

Quasi a metà del suo ampio e articolato intervento disse. “… Con la sobrietà è in questione un ‘ritornare’, come se si fosse smarrita la strada. Ci siamo lasciati andare a una cultura dell’eccesso, dell’esagerazione… La sobrietà non è solo un valore personale e individuale, è anche un valore sociale, comunitario, coinvolge la Città come tale… Sono convinto che chi per vocazione, per lavoro, per servizio, per mandato pubblico, per elezione è chiamato a operare per gli altri debba essere sobrio per incontrare realmente le donne e gli uomini nelle loro esigenze, per mettere al centro delle proprie attenzioni i problemi delle persone, delle famiglie e, quindi, per risolverli… La nostra Città è interessata – e lo sarà sempre più – da progetti di realizzazione di grandi opere che esigono ingenti quantità di denaro e per le quali sono possibili interferenze e infiltrazioni di criminalità organizzata. Divengono quindi ancora più urgenti da parte di tutti – e specialmente di chi ha maggiori responsabilità – il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci, il confronto con la coscienza morale, la rettitudine nell’agire, la gestione corretta del denaro pubblico”.

Lasciando Milano nel settembre scorso commentava amaro: “Gli anni della cosiddetta Tangentopoli pare non abbiano insegnato nulla, visto che purtroppo la questione morale è sempre di attualità”.

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