Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Società

OPERE BUONE

EDOARDO ZIN - 22/11/2019

Giovanni Battista nel deserto, dipinto di Domenico Veneziano

Giovanni Battista nel deserto, dipinto di Domenico Veneziano

“Fa presto don Giuseppe a invitarci dall’ambone a non essere “cristiani in pantofole”, a darci da fare, ad uscire…” rimugino. Dalla finestra cola una luce livida e raffiche di vento gettano la pioggia contro i vetri. Ho freddo e mi rannicchio sulla poltrona accanto al camino da dove i ceppi riflettono una luce rossastra sulla tazza di the. Sarò pure “un cristiano in pantofole”, ma c’è un tempo per correre e un tempo per riposare: ormai anch’io necessito di quiete. Ho preso un libro dalla libreria. A caso: “Così parlò Zaratustra” di Nietzsche. L’apro e casualmente mi passa sotto gli occhi un periodo che avevo sottolineato e chiosato chissà quanti anni fa. Parla degli “ultimi uomini” che pensano di aver inventato la felicità: “Un po’ di veleno di questo, un po’ di quello per procurarsi sogni fantastici e molto veleno per morire felicemente”. Si sa, Nietzsche non è un Padre né un Dottore della Chiesa, ma come non poter pensare all’uomo d’oggi? Mi salta in testa un pensiero: “Ma Nietzsche, dopo aver parlato della morte di Dio, non ha preconizzato per caso la morte dell’uomo?”

Quelli della mia età cantavano la canzone di Guccini “Dio è morto” perfino nelle chiese. Vi ricordate: “È morto ai bordi delle strade, nelle auto prese in prestito, nei miti dell’estate…”? Mi arrovello il cervello: “E se la morte di Dio ci avesse portato anche alla morte dell’uomo?” “E se fossimo stati noi cristiani ad aver dimenticato l’Incarnazione e la Resurrezione di un Dio che si è fatto uomo proprio per liberare noi uomini dalle nostre impossibilità, dalle nostre finitezze o dal nostro delirio di onnipotenza?”.

L’Uomo, di cui ricordiamo a Natale la sua prima venuta a Betlemme, è venuto non per dominarci, ma per liberarci dalle nostre miserie. E invece noi siamo schiavi dei nostri egoismi, pretendiamo di avere la felicità qui in terra, abbiamo sostituito la violenza alla mitezza. Non ci ricordiamo più di Lui. L’abbiamo cacciato dalla storia, Lui che ha creato il mondo culturale e antropologico in cui viviamo. Senza questo Dio, trascendente e onnipotente, che si umilia fino a nascere in una greppia non conosceremmo la piena umanità, che quotidianamente sradichiamo dal tempo in cui viviamo con la vendetta, l’odio, il rancore, le ingiustizie. Ma è proprio da questo buio che proviene la luce che illumina le menti e ci rivela terre e cieli nuovi.

Voglio levarmi in volo con i pensieri e cercare la Parola sicura. Mi alzo, prendo il Vangelo e lo apro. È quello di Luca che sentirò proclamare domenica.

Mi sorprende la pomposità puntigliosa con cui Luca descrive la situazione storica del tempo. È un susseguirsi di titoli altisonanti: “governatore”, “tetrarca”, “sommo sacerdote”, ma Dio sceglie Giovanni che vive nel deserto e mette alla frustra tutti quanti, graffia la parola dei potenti. Il deserto significa silenzio, spogliazione, il nulla che apparentemente è il baratro, il caos. Invece è nel nulla che nasce la ricchezza dell’uomo che si dispera per la paura perché non sa accettare il silenzio, la sobrietà.

Le folle che attorniano Giovanni, il Battezzatore, gli chiedono “Che cosa dobbiamo fare?” È esigente Giovanni, è duro come solo i profeti sanno essere. Giovanni risponde con consigli spiccioli, all’apparenza banali: condividete, non rubate, non siate violenti

Se Giovanni Battista ritornasse oggi, gli chiederei: “Che cosa devo fare per essere credente, oggi?” Sono certo che mi risponderebbe: “Non occorre che tu porti il nome di cristiano, ma devi esserlo in verità”. E mi ripeterebbe: “Se hai due felpe, danne una a chi non l’ha e se hai da mangiare condividilo con chi non ne ha”.. Gli risponderei: “ Va bene: non ho ricchezze, non un grosso conto in banca, cerco di fare l’elemosina…” Ma Giovanni forse mi interromperebbe: “Non basta condividere quello che hai, ma quello che sei. Non lasciare che la tua fede resti una religione fatta di preghiera, di novene, di tridui, pie pratiche che talvolta hanno mascherato la fede. Non preoccuparti di appartenere a questo o a quel movimento, di rispettare le regole. Questi sono solo strumenti per acquisire una grande carità. Fa’ vibrare la tua fede in modo che essa contagi chi incontri. Di fronte alla disumanità che in mille forme opprime l’uomo, fa’ risplendere l’umano con un sorriso, la gentilezza, l’ascolto”.

Luca ci racconta che anche un pubblicano si avvicina a Giovanni Battista. Il pubblicano è un esattore delle tasse e Giovanni – a cui chiede che cosa debba fare per potersi salvare dal male – gli raccomanda di praticare la giustizia, di non rubare, di essere onesto. A me chiederebbe di non pretendere troppo, di rispettare gli altri, di non essere prepotente, di essere profeta in un mondo di arroganti. Dove il disumano è conculcato, disprezzato, umiliato e vilipeso, mi ordinerebbe di vivificare l’umano che può diventare denuncia del male. Ma con carità, non con il chiacchiericcio, la calunnia, la parola che semina odio. “Che cosa faccio io per la giustizia?” – mi chiedo.

Anche un soldato pone la stessa domanda e Giovanni risponde: “Non maltrattare e non estorcere niente a nessuno; accontentati della tua paga”. Non gli chiede di disertare, ma di non far violenza e di praticare la giustizia sugli indifesi: i migranti, i rom, i diversi, i mendicanti perché costoro non sono meno uomini, meno umani di “noi”.

Lascio da parte il Vangelo e riprendo il mio libro. Mi colpisce questa frase: “Chi chiami cattivo? Chi mira soltanto a creare vergogna… Che cos’è per te la cosa più umana? Risparmiare vergogna a qualcuno.” Il disumano è colui che annienta l’altro con l’indifferenza totale. Ma aggiunge: “Tutto ciò che è fatto per amore è sempre al di là del bene e del male”. Nietzsche può fare il bene anche senza Dio, ma solo chi conosce Dio può compiere il bene assoluto perché solo Dio è amore.

L’Uomo verrà. Verrà presto. Devo stare allerta, sveglio e pronto. Sono io a dover vivere, col mio carico d’anni, aspettandolo con le opere buone e non soltanto con le dichiarazioni di principio, anche se ho le pantofole ai piedi.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login