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Chiesa

QUANDO UN’AMICA ENTRA IN CONVENTO

ANNALISA MOTTA - 03/11/2012

La notizia arriva all’improvviso, perché così vuole la regola: l’accoglienza delle postulanti in un monastero di Clarisse può essere comunicato solo pochi giorni prima della data. Ce lo dicono con le lacrime agli occhi – gioia e trepidazione insieme – i suoi genitori, nostri amici da una vita. Paola è una bella ragazza bionda, ha l’età dei nostri figli, un lavoro sicuro e soddisfacente, una vita ricca di amicizie e interessi. E i primi di ottobre è entrata nel monastero dei Santi Francesco e Chiara, in Svizzera.

Non è la prima volta che nella cerchia dei nostri amici matura una vocazione religiosa: sono quasi venti i volti che mi scorrono davanti agli occhi, a partire da un compagno di scuola fattosi benedettino proprio l’anno del mio matrimonio, amico e padre che ci accompagna da quarant’anni con affetto discreto e fedele. Gli altri, varesini la gran parte, sono ragazzi che arrivano al seminario dopo il liceo, o addirittura dopo la laurea; ragazze che vanno in missione, diventano laiche consacrate, o entrano in clausura.

Eppure poi leggo, e di più, tocco con mano, l’assottigliarsi del numero dei preti, l’invecchiamento di tanti parroci, l’abbandono forzato di scuole e asili da parte di suore troppo anziane o troppo poche.

Tutta la Grazia del Signore non può fare a meno del nostro sì, mi viene da pensare: anche Maria avrebbe potuto rispondere che non se la sentiva proprio, di diventare mamma di tanto figlio. Ma questa nostra libertà regale di cui ci ha dotato l’Onnipotente ha bisogno di una terra in cui crescere e nutrirsi e maturare, come tutte le nostre facoltà e qualità e talenti.

Come fanno i nostri giovani a rispondere, parlare, discutere, magari lottare con un Dio che chiama, se non sono capaci di silenzio? Se non incontrano nessuno che li accompagni alla scoperta dei loro desideri più veri; che li aiuti a guardare con verità dentro di sé? Se, in una parola, non vengono educati a rapportarsi con quel Tu così presente nel cuore dell’uomo ma così rispettoso della nostra libertà? Una voce, la Sua, che è “nel sussurro della brezza” come dice la Bibbia, e che abbiamo bisogno di imparare ad ascoltare, con l’aiuto di maestri e di compagni di strada.

E allora ringraziamo il cielo che ancora lo Spirito fa nascere nella Chiesa luoghi e comunità dove questa educazione è reale e dà frutti concreti e visibili. Che per me, la mia famiglia, i miei amici, le giovani vocazioni che ho visto negli anni sbocciare tanto numerose, è il movimento di Comunione e Liberazione: così mal giudicato di questi tempi.

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